Slovenia vieta commercio di armi con Israele: cresce l’onda del riconoscimento della Palestina. Usa-Israele: “Basta intese con Hamas”.
Lubiana prende le distanze da Tel Aviv. In Europa e nel G7 aumenta il numero dei Paesi pronti a riconoscere lo Stato palestinese. Pressioni su Netanyahu, Trump lo difende.
Slovenia vieta commercio di armi con Israele: cresce l’onda del riconoscimento della Palestina. Usa-Israele: “Basta intese con Hamas”.
Slovenia vieta il commercio di armi con Israele. Cresce la pressione diplomatica in Europa per il riconoscimento della Palestina
Dalla Slovenia alla Germania, passando per Francia, Portogallo e Canada: cresce l’isolamento di Israele nella comunità internazionale. L’Europa si divide sul riconoscimento dello Stato palestinese, mentre Netanyahu rilancia la linea dura e Trump torna ad appoggiarlo.
Nel mezzo della crisi umanitaria più grave che abbia colpito la Striscia di Gaza da decenni, la Slovenia ha preso una decisione che potrebbe segnare un punto di svolta nella politica estera europea: il divieto totale al commercio di armi con Israele. “La Slovenia è il primo paese europeo a vietare l’importazione, l’esportazione e il transito di armi da e verso Israele”, si legge nella nota del governo di Lubiana. Una presa di posizione netta, giustificata dall’incapacità dell’Unione Europea di adottare misure concrete contro la guerra a Gaza.
Mentre il conflitto infuria e gli sforzi per il cessate il fuoco sembrano languire, cresce la pressione diplomatica attorno al governo Netanyahu. A Berlino, il ministro degli Esteri Johann Wadephul ha parlato apertamente della necessità di avviare un processo negoziale che porti al riconoscimento dello Stato di Palestina, ammettendo che “Israele si trova sempre più in una posizione di minoranza”. Parole pesanti, che delineano uno scenario di frattura all’interno del tradizionale blocco filo-israeliano in Europa.
L’Europa si spacca: chi riconosce la Palestina, chi frena
Sulla scia dell’annuncio francese del 24 luglio, anche il Portogallo e Malta hanno dichiarato l’intenzione di riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di fine settembre. In Finlandia, il presidente Alexander Stubb ha affermato che è pronto a firmare il riconoscimento, qualora il governo lo proponga.
Altri Paesi — tra cui Svezia e Belgio — stanno valutando azioni simili. Stoccolma ha già chiesto all’UE di sospendere la componente commerciale dell’accordo di associazione con Israele. A resistere, per ora, è l’Italia di Giorgia Meloni, attesa a Istanbul per un colloquio con Recep Tayyip Erdogan.
Nel frattempo, anche oltre Atlantico il dibattito si accende: dopo la Gran Bretagna, il Canada è diventato il terzo paese del G7 a riconoscere lo Stato di Palestina. L’Australia sta valutando se unirsi. Se tutte queste adesioni saranno formalizzate a settembre, oltre 150 su 193 membri dell’ONU avranno riconosciuto la Palestina come Stato sovrano.
Trump raddoppia il sostegno a Netanyahu. L’ipotesi “annessione” torna sul tavolo
Mentre la diplomazia internazionale si muove verso soluzioni di compromesso, Israele ribadisce la linea dura. Il premier Benjamin Netanyahu, incontrando l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff, ha rilanciato la necessità di un accordo “globale”: liberazione di tutti gli ostaggi, disarmo completo di Hamas e smilitarizzazione totale della Striscia.
Donald Trump, tramite un post su Truth Social, ha dichiarato che “l’unico modo per fermare la crisi umanitaria è che Hamas si arrenda”. Ha poi bollato come “premio al terrorismo” le decisioni di Francia, Regno Unito e Canada di riconoscere lo Stato palestinese, minacciando ritorsioni commerciali contro Ottawa.
A Gerusalemme, nel frattempo, circolano indiscrezioni secondo cui Netanyahu starebbe valutando una strategia per prolungare il conflitto con lo scopo di rafforzare la sua leadership interna. Lo stesso Trump, secondo fonti della Casa Bianca, sarebbe preoccupato da questa dinamica, ma non sembrerebbe disposto ad interrompere il suo sostegno a Israele.
Il processo di pace è fermo. Ma cresce il fronte per la soluzione dei due Stati
Nonostante le dichiarazioni di Hamas di essere “pronta a trattare la liberazione degli ostaggi nel contesto di un cessate il fuoco”, il governo israeliano continua a puntare a una vittoria militare totale. L’ultradestra israeliana, con i ministri Smotrich e Ben Gvir, spinge per l’annessione definitiva della Cisgiordania, sostenuta anche da dichiarazioni congiunte dei ministri della Difesa Israel Katz e della Giustizia Yariv Levin.
La situazione resta tesa e instabile, con un’opinione pubblica mondiale sempre più attenta alle violazioni dei diritti umani e alla crisi umanitaria in corso a Gaza. L’Assemblea Generale ONU di settembre potrebbe diventare il palcoscenico di una nuova spaccatura globale.
L’Europa si muove, anche se divisa. Gli Stati Uniti restano ufficialmente al fianco di Israele, ma le fratture interne all’amministrazione Trump e le spinte internazionali mettono pressione a Netanyahu. In questo scenario, la Slovenia ha tracciato una linea rossa: stop al commercio di armi con uno Stato in guerra. Un gesto che potrebbe segnare l’inizio di una nuova stagione diplomatica in Medio Oriente.
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