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Raid israeliano nel sud della Siria dopo il lancio di razzi: colpiti depositi di armi del regime.

L'Idf accusa Damasco: “Responsabile delle attività ostili dal suo territorio”. Il governo siriano nega ogni coinvolgimento e denuncia “gravi perdite”. Intanto a Gaza si contano altre 16 vittime civili.

Raid israeliano nel sud della Siria dopo il lancio di razzi: colpiti depositi di armi del regime.

L’Idf accusa Damasco: “Responsabile delle attività ostili dal suo territorio”. Il governo siriano nega ogni coinvolgimento e denuncia “gravi perdite”. Intanto a Gaza si contano altre 16 vittime civili.

Nella notte tra martedì e mercoledì, l’esercito israeliano ha lanciato una serie di attacchi aerei contro obiettivi militari nel sud della Siria, in risposta al lancio di due razzi provenienti dal territorio siriano e diretti verso le Alture del Golan. I missili non hanno causato danni né vittime, ma hanno fatto scattare l’allarme aereo nelle città israeliane di Haspine e Ramat Magshimim.

Secondo quanto riferito dall’Idf (Israel Defense Forces), “caccia israeliani hanno colpito armi appartenenti al regime siriano nell’area della Siria meridionale”. In un comunicato pubblicato su Telegram, le forze armate israeliane hanno chiarito che considerano il governo di Damasco pienamente responsabile per ogni azione ostile lanciata dal suo territorio. “Il regime siriano è responsabile dell’attuale situazione in Siria e continuerà a subirne le conseguenze finché proseguiranno le attività ostili – ha scritto l’Idf –. L’esercito israeliano opererà contro ogni minaccia allo Stato di Israele”.

Esplosioni tra Quneitra e Daraa

L’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con sede a Londra ma rete di fonti locali in Siria, ha confermato che “violente esplosioni hanno scosso la Siria meridionale, in particolare la città di Quneitra e la regione di Daraa, a seguito di attacchi aerei israeliani”. Al momento, non risultano vittime confermate, ma fonti siriane parlano di “danni materiali ingenti” e di un’operazione che ha colpito depositi di armi e infrastrutture militari in uso all’esercito di Damasco.

Già martedì sera, l’Idf aveva risposto con colpi di artiglieria ai razzi caduti in aree disabitate del Golan. Si tratta del primo attacco missilistico dalla Siria verso Israele dallo scorso 5 maggio, e del primo dalla caduta del regime di Bashar al-Assad, avvenuta a dicembre 2024.

Damasco nega il lancio di razzi

Il governo siriano ha smentito ogni coinvolgimento nel lancio di razzi verso Israele. In un comunicato, il Ministero degli Esteri di Damasco ha dichiarato che “la Siria non ha rappresentato e non rappresenterà una minaccia per nessuna parte nella regione” e si è detto impegnato a “contenere gli attori non statali armati operativi nel sud del Paese”.

La Siria ha inoltre condannato duramente la risposta israeliana, parlando di “gravi perdite umane e materiali” e di “una violazione della sovranità nazionale in un momento in cui il Paese ha bisogno di soluzioni pacifiche e stabilità”.

“Chiediamo alla comunità internazionale di intervenire per fermare questi attacchi e sostenere gli sforzi di pacificazione – ha affermato il ministero siriano –. Le provocazioni israeliane minano ogni tentativo di dialogo”.

Israele: “Risponderemo a ogni minaccia”

Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha ribadito la linea dura del governo di Tel Aviv: “Israele non permetterà un ritorno alla realtà del 7 ottobre. Consideriamo il presidente Ahmad al-Shara direttamente responsabile di ogni razzo lanciato verso il nostro territorio. La risposta completa arriverà presto”.

Dopo la caduta di Assad, il nuovo leader siriano Ahmad al-Shara è sotto osservazione da parte dell’intelligence israeliana, che teme un riavvicinamento tra Damasco e milizie sciite o jihadiste operative nel sud del Paese. Gli attacchi delle ultime ore sembrano voler lanciare un messaggio chiaro alla nuova leadership siriana: Israele non tollererà più alcuna ambiguità nei confronti delle attività militari ai propri confini.

Contesto geopolitico sempre più instabile

Gli ultimi sviluppi rafforzano la percezione di un Medio Oriente in continua escalation. Con la Siria attraversata da una fragile transizione post-Assad e Gaza devastata da mesi di guerra, il rischio di un conflitto su scala regionale resta alto. Israele, dal canto suo, sembra determinato a colpire preventivamente ogni potenziale minaccia ai propri confini, mentre gli attori internazionali appaiono finora incapaci di contenere l’escalation.

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