Parigi apre una nuova fase: dialogo a più voci sulla guerra in Ucraina.
Il vertice tra Stati Uniti, Ucraina e potenze europee segna un primo tentativo di coordinamento multilaterale. Intesa sulle terre rare in arrivo, ma permangono frizioni tra Kiev e la Casa Bianca.
Il summit di Parigi ha rappresentato il primo vero momento di confronto trilaterale tra Stati Uniti, Ucraina e principali Paesi europei sulla guerra in Ucraina. Dopo mesi di colloqui separati, l’incontro nella capitale francese ha riunito attorno allo stesso tavolo le delegazioni guidate da Washington, Kiev e dalla cosiddetta coalizione dei volenterosi – Francia, Regno Unito e Germania – per sondare le condizioni di un possibile percorso verso la pace.
Il segretario di Stato statunitense Marco Rubio, accompagnato dagli inviati presidenziali Keith Kellogg e Steve Witkoff, ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron, il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot e la delegazione ucraina composta dal consigliere Andrii Yermak, il ministro degli Esteri Andrii Sybiha e il ministro della Difesa Rustem Umerov. Presente anche il ministro degli Esteri britannico David Lammy e il consigliere tedesco Jens Plötner.
Nonostante la discrezione che ha accompagnato i lavori, l’Eliseo ha parlato di uno “scambio di vedute eccellente”. Un secondo incontro in formato analogo è previsto a Londra nei prossimi giorni, a conferma del nuovo slancio del fronte occidentale.
Accordi e dissensi: il punto tra USA e Ucraina
Un primo risultato concreto è emerso: Kiev e Washington hanno annunciato di essere vicine alla firma di un accordo strategico sulle terre rare, già anticipato da un memorandum d’intenti e atteso per la prossima settimana. Ma accanto agli sviluppi positivi non mancano i punti critici.
Durante il vertice, il presidente ucraino Zelensky ha rivolto parole dure nei confronti dell’inviato speciale USA Steve Witkoff, accusato di portare avanti una linea eccessivamente conciliante verso Mosca. Il dissenso riflette una divergenza più ampia: l’amministrazione Trump sembra voler congelare il conflitto nella sua configurazione attuale – con la Russia che controlla circa un quinto del territorio ucraino – mentre Kiev, sostenuta dai Paesi europei, punta a riprendere l’iniziativa sul campo.
A oggi, l’ipotesi di una “pace in cambio di territori” appare ancora lontana da un consenso condiviso, ma si lavora su elementi chiave come le garanzie di sicurezza e il dispiegamento di una possibile forza multinazionale nel dopoguerra.
Il fronte russo e le incognite della diplomazia
Secondo il Cremlino, l’unica via credibile per la risoluzione del conflitto resta il dialogo diretto con Washington. Il portavoce Peskov ha confermato che i contatti tra Russia e Stati Uniti proseguono, mentre la portavoce del ministero degli Esteri Zakharova ha bollato come “folle” il piano della coalizione occidentale per un contingente multinazionale di pace.
Mosca ha inoltre rigettato l’ipotesi di un cessate il fuoco generale, subordinandolo a condizioni ritenute inaccettabili da Kiev, come la fine della mobilitazione e lo stop agli aiuti militari occidentali.
Il presidente Zelensky, intervenuto giovedì, ha ribadito la necessità di una pressione costante sulla Russia: “Mosca uccide di giorno e di notte. Dobbiamo garantire una pace duratura”.
Mentre il conflitto continua, la diplomazia occidentale prova a costruire un piano condiviso. Il coinvolgimento coordinato di USA, Ucraina ed Europa – seppur tra divergenze – è il primo segnale di una volontà politica di affrontare insieme il nodo cruciale della guerra. Resta da vedere se Mosca sarà disposta a rispondere con aperture concrete.
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