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Pentagono, raid nel Pacifico orientale: colpite tre imbarcazioni, otto morti nell’offensiva anti-droga.

Il Southcom rivendica l’operazione Southern Spear contro presunte rotte del narcotraffico. Cresce il controllo del Congresso e aumentano le tensioni con il Venezuela di Maduro.

Pentagono, raid nel Pacifico orientale: colpite tre imbarcazioni, otto morti nell’offensiva anti-droga.

Un nuovo attacco militare statunitense in acque internazionali del Pacifico orientale riaccende i riflettori sulla campagna di contrasto al narcotraffico avviata dall’amministrazione Trump. A renderlo noto è stato l’US Southern Command (Southcom), che in un messaggio pubblicato sui social ha confermato che la Joint Task Force Southern Spear ha colpito tre imbarcazioni ritenute coinvolte in attività di traffico di droga lungo rotte considerate strategiche per i cartelli. Secondo il Pentagono, nell’operazione sono rimaste uccise otto persone, definite “narcoterroristi”: tre sulla prima imbarcazione, due sulla seconda e tre sulla terza.

L’intelligence e le rotte del narcotraffico

Nel comunicato ufficiale, il comando militare statunitense ha sottolineato che l’azione è stata condotta sulla base di informazioni di intelligence che avrebbero confermato come le tre imbarcazioni stessero transitando lungo corridoi marittimi notoriamente utilizzati per il traffico di stupefacenti nel Pacifico orientale. Le navi, sempre secondo Washington, sarebbero state direttamente coinvolte in attività di narcotraffico, anche se non sono stati resi pubblici dettagli o prove a sostegno di tali accuse.

La catena di comando e il ruolo di Pete Hegseth

L’operazione, precisa ancora il Southcom, è stata condotta “sotto la direzione del Segretario Pete Hegseth”, figura chiave della strategia di sicurezza dell’attuale amministrazione. Hegseth è stato tra i principali promotori dell’operazione Southern Spear, annunciata nelle scorse settimane come una risposta più aggressiva al traffico di droga nella regione, considerato una minaccia diretta alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Video diffusi e mancanza di riscontri indipendenti

A corredo dell’annuncio, i militari statunitensi hanno diffuso un video che mostrerebbe una delle imbarcazioni colpite mentre naviga in mare aperto, prima di essere distrutta da un’esplosione. Tuttavia, anche in questo caso, non sono stati forniti elementi verificabili che dimostrino l’effettivo coinvolgimento delle persone uccise in operazioni di traffico di droga, un aspetto che continua ad alimentare interrogativi e critiche.

Il contesto politico e il controllo del Congresso

Il nuovo raid arriva in un momento particolarmente delicato sul piano politico interno. Il Congresso statunitense ha infatti intensificato il controllo sulla campagna militare contro le imbarcazioni sospettate di narcotraffico, chiedendo chiarimenti sulle regole d’ingaggio, sulla base giuridica degli attacchi e sul numero crescente di vittime. Nei prossimi giorni, il segretario alla Difesa Pete Hegseth, il segretario di Stato Marco Rubio e altri alti funzionari della sicurezza nazionale sono attesi a Capitol Hill per briefing a porte chiuse davanti ai membri di Camera e Senato.

La linea di Trump: “conflitto armato” con i cartelli

Il presidente Donald Trump ha difeso apertamente l’escalation militare, sostenendo che gli Stati Uniti sono impegnati in un vero e proprio “conflitto armato” contro i cartelli della droga. Secondo il capo della Casa Bianca, l’uso della forza è necessario per arginare il flusso di stupefacenti, in particolare fentanyl, verso il territorio statunitense, definito dall’amministrazione “un’arma di distruzione di massa”.

Numeri in crescita e accuse di esecuzioni extragiudiziali

Dall’inizio di settembre, secondo i dati resi noti dalle stesse autorità statunitensi, sono state colpite almeno 25 imbarcazioni nel Pacifico e nei Caraibi, con un bilancio di almeno 95 morti. Alcuni di questi episodi hanno sollevato forti polemiche, come il caso di un doppio attacco in cui sarebbero stati uccisi anche due sopravvissuti che si erano aggrappati al relitto dopo il primo bombardamento. Diversi esperti di diritto internazionale e organizzazioni per i diritti umani hanno parlato di possibili esecuzioni extragiudiziali.

Le tensioni con il Venezuela e l’ombra del cambio di regime

Le operazioni militari statunitensi si inseriscono inoltre in un quadro di crescente tensione con il Venezuela di Nicolás Maduro, accusato da Washington di narcoterrorismo. Negli ultimi giorni, gli Stati Uniti hanno sequestrato una petroliera sanzionata e annunciato nuove misure contro compagnie di navigazione accusate di favorire il contrabbando di greggio venezuelano. Caracas interpreta queste mosse come un tentativo di destabilizzazione e di cambio di regime.

La risposta di Maduro: “vogliono la guerra”

Il presidente venezuelano ha duramente criticato i raid statunitensi, definendoli una minaccia diretta alla sovranità del Paese. Nel suo programma televisivo settimanale, Maduro ha accusato gli Stati Uniti di voler trascinare la regione in una guerra per il controllo delle risorse energetiche del Sud America, dicendosi però fiducioso che il popolo statunitense riuscirà a fermare questa deriva.

Un’escalation destinata a continuare

Con il più grande dispiegamento militare statunitense nella regione degli ultimi decenni e con lo stesso Trump che ha lasciato intendere la possibilità di future operazioni di terra, la campagna contro il narcotraffico appare destinata a intensificarsi ulteriormente. Resta però aperto il dibattito sulla legittimità, l’efficacia e le conseguenze geopolitiche di una strategia che sta trasformando la lotta alla droga in un vero e proprio teatro di guerra.

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