Nuovo piano europeo per i rimpatri: norme più severe e l’Italia divisa
L’Unione Europea ha presentato un nuovo piano per i rimpatri dei migranti irregolari. Il regolamento punta a rendere più rapidi ed efficienti i rimpatri, introducendo procedure comuni per tutti gli Stati membri dell’UE. La proposta, annunciata dal commissario europeo per gli Affari interni Magnus Brunner, prevede il riconoscimento reciproco degli ordini di espulsione tra i Ventisette e la creazione di return hubs nei Paesi terzi, strutture dedicate alla gestione dei migranti in attesa di rimpatrio.
L’iniziativa ha suscitato un acceso dibattito in Italia e in Europa, dividendo l’opinione pubblica tra chi la considera un passo avanti verso una gestione più rigorosa dell’immigrazione irregolare e chi, invece, la vede come un ulteriore irrigidimento delle politiche migratorie a scapito dei diritti umani.
Il contenuto della riforma: più Controllo e procedure uniformi
L’obiettivo principale del nuovo regolamento è quello di colmare le attuali lacune nelle politiche di rimpatrio, rendendo le norme più severe e uniformi in tutta l’Unione Europea. Le principali novità includono:
- Riconoscimento automatico degli ordini di espulsione: un migrante irregolare che riceve un ordine di espulsione in un qualsiasi Paese UE dovrà lasciare l’intero territorio dell’Unione, evitando il fenomeno della “migrazione secondaria” (il trasferimento in un altro Stato membro per presentare una nuova domanda d’asilo).
- Database Schengen per i rimpatri: tutti gli Stati membri avranno accesso agli ordini di espulsione emessi da altri Paesi, migliorando il coordinamento e riducendo le possibilità di aggirare i provvedimenti.
- Creazione di “return hubs”: questi centri di transito situati in Paesi terzi accoglieranno i migranti in attesa di rimpatrio, evitando il sovraffollamento delle strutture europee.
- Aumento del periodo massimo di detenzione: per i rimpatri forzati, la durata massima della detenzione passerà da 18 a 24 mesi, per impedire che i migranti rimangano nell’UE in attesa di essere espulsi.
- Maggiore pressione sui Paesi d’origine: Bruxelles vuole incentivare la cooperazione con i Paesi extra-UE affinché accettino il rimpatrio dei loro cittadini, con possibili sanzioni per chi si rifiuta di collaborare.
Secondo la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, il nuovo regolamento rappresenta “un sistema con regole più semplici e chiare“, capace di garantire maggiore sicurezza all’Europa, ma anche di rispettare i diritti fondamentali.
I numeri e la questione: perché Bruxelles vuole agire
I dati di Eurostat rivelano che attualmente solo il 20% dei migranti irregolari destinatari di un ordine di espulsione lascia effettivamente l’UE. Il restante 80% riesce a rimanere nel territorio europeo, spesso sfruttando la mancanza di coordinamento tra gli Stati membri o la scarsa cooperazione dei Paesi di origine nel riprendersi i loro cittadini.
Secondo la Commissione Europea, questa inefficacia mina la fiducia nel sistema di asilo e crea un clima di insicurezza tra i cittadini europei. Il nuovo piano punta a invertire questa tendenza, rendendo le espulsioni più rapide e sistematiche.
Italia divisa sul nuovo regolamento
L’introduzione del regolamento ha generato reazioni contrastanti nel panorama politico italiano.
Critiche dalla Sinistra
Cecilia Strada, eurodeputata del Partito Democratico, ha bocciato la riforma definendola “una strategia inefficace e disumana”. Durante un intervento ha infatti dichiarato: “L’approccio europeo continua a essere sbilanciato sulla repressione invece che sulla gestione intelligente dei flussi migratori. Servono canali di accesso sicuri e legali, non nuove barriere. Il problema non sono gli arrivi, ma la mancanza di vie regolari per chi cerca un futuro migliore.”
Secondo Strada, puntare esclusivamente sulla detenzione e sull’espulsione non risolverà il problema dell’immigrazione irregolare, ma alimenterà piuttosto il traffico di esseri umani e le condizioni di precarietà dei migranti.
Favore dalla Destra
Dall’altra parte, il regolamento ha ricevuto il pieno sostegno della destra italiana. Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo, ha definito il piano un “cambio di paradigma necessario”. “L’Europa non può più permettersi un’immigrazione fuori controllo. Questo regolamento introduce finalmente criteri chiari e strumenti efficaci per gestire le espulsioni. È la dimostrazione che l’immigrazione deve essere selezionata e controllata, come avviene in qualsiasi Paese civile.”
Fidanza ha inoltre sottolineato l’importanza della cooperazione con i Paesi d’origine per facilitare i rimpatri e ha citato il Piano Mattei del governo Meloni come un esempio di approccio pragmatico all’immigrazione.
Le ONG e le Preoccupazioni sui Diritti Umani
Le organizzazioni non governative hanno espresso preoccupazione per la creazione dei return hubs, temendo che possano diventare centri di detenzione di massa con scarse tutele legali per i migranti.
Silvia Carta, dirigente di PICUM (Piattaforma per la Cooperazione Internazionale sui Migranti Irregolari), ha criticato la misura: “Questa proposta ignora completamente la necessità di garantire vie legali per l’immigrazione e rischia di creare delle prigioni a cielo aperto nei Paesi terzi.”
Anche Amnesty International e Human Rights Watch hanno chiesto maggiori garanzie sul rispetto dei diritti fondamentali, in particolare per donne, bambini e richiedenti asilo.
Il nuovo piano europeo per i rimpatri rappresenta un passo deciso verso una politica migratoria più restrittiva e coordinata, ma le divisioni politiche dimostrano quanto il tema resti delicato e controverso.
L’approvazione definitiva dipenderà ora dal Parlamento e dal Consiglio europeo.
Riproduzione riservata © Copyright La Milano