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Notte d’acciaio tra Israele e Iran: raffiche incrociate di missili

Missili incrociati e allerta massima: tensione alle stelle tra Tel Aviv e Teheran

Notte d’acciaio tra Israele e Iran: raffiche incrociate di missili

Una nuova notte di paura ha scosso il Medio Oriente, con raffiche incrociate di missili tra Israele e Iran che hanno alimentato ulteriormente una crisi ormai vicina al punto di rottura. A poche ore dai precedenti scambi di fuoco, il 16 giugno si è trasformato in un teatro bellico ad alta intensità, con attacchi mirati, contraerea attiva e allarmi antiaerei risuonati in più aree del territorio israeliano e iraniano.

Secondo quanto confermato da fonti ufficiali israeliane e riportato da Haaretz e The Times of Israel, l’IDF (Forze di Difesa Israeliane) avrebbe colpito obiettivi strategici all’interno del territorio iraniano, tra cui depositi di munizioni e una base di lancio di droni nel sud-est del Paese, nei pressi della provincia di Sistan e Baluchistan. Gli attacchi, definiti “preventivi”, sarebbero stati portati a termine da caccia con supporto satellitare, in coordinamento con l’intelligence. La risposta di Teheran non si è fatta attendere: secondo quanto riferito dall’agenzia Fars News, le forze della Repubblica Islamica hanno lanciato una serie di missili balistici a medio raggio, alcuni dei quali avrebbero colpito le Alture del Golan e la base aerea di Negev, senza però provocare vittime, grazie all’intervento del sistema di difesa Iron Dome.

Nel cuore della notte, le sirene antiaeree sono tornate a suonare a Tel Aviv, Haifa e Ashkelon, costringendo migliaia di cittadini a rifugiarsi nei bunker. In Iran, le esplosioni sono state avvertite anche nella capitale Teheran, dove le autorità locali hanno rafforzato la presenza militare nei punti nevralgici della città. A conferma della gravità della situazione, lo stesso presidente iraniano Ebrahim Raisi ha convocato una riunione d’emergenza con lo Stato Maggiore delle Forze Armate e ha promesso “una risposta proporzionata a ogni nuova aggressione”.

Dalla Casa Bianca, il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale ha dichiarato che gli Stati Uniti “monitorano con la massima attenzione” la situazione, chiedendo alle parti di astenersi da ulteriori escalation. Più severa la reazione del presidente francese Emmanuel Macron, che ha chiesto un’immediata riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, definendo l’attuale scenario “una minaccia concreta alla stabilità globale”. La Farnesina ha confermato il rafforzamento delle misure di sicurezza nelle sedi diplomatiche italiane in Israele e Iran, e il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito l’appello a un cessate il fuoco “urgente, duraturo e verificabile”.

Intanto, la diplomazia si muove sottotraccia. Secondo fonti di intelligence occidentali riportate da Sky News Arabia, sono in corso contatti informali tra Ankara, Doha e il Cairo per una possibile mediazione multilaterale. In parallelo, il segretario generale dell’ONU António Guterres ha invocato una “tregua immediata” e ha chiesto l’invio di una missione di osservatori nella regione per monitorare la situazione sul campo.

Sul fronte economico, la crisi ha avuto effetti immediati: il prezzo del petrolio ha superato i 98 dollari al barile, mentre i mercati internazionali hanno registrato un calo significativo, spinti dai timori di un conflitto allargato che potrebbe coinvolgere anche altri attori regionali, come Hezbollah in Libano e le milizie filo-iraniane in Siria e Iraq.

La notte appena trascorsa conferma una dinamica ormai fuori controllo, in cui ogni raid rischia di trasformarsi nella scintilla di una guerra su larga scala. A pagare il prezzo più alto, ancora una volta, sono i civili: in Israele, decine di famiglie hanno trascorso ore nei rifugi sotterranei; in Iran, centinaia di persone sono state evacuate dalle zone considerate sensibili. Il Medio Oriente, ancora una volta, trattiene il respiro.

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