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Mosca, respingimento in appello della scarcerazione di Evan Gershkovich

Si conferma la decisione di estendere fino alla fine di agosto la custodia cautelare

Mosca, respingimento in appello della scarcerazione di Evan Gershkovich

Maglietta nera e jeans azzurri. Così è apparso ieri in tribunale il giornalista del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, detenuto in Russia con l’accusa di spionaggio e convocato al banco degli imputati per presentare ricorso contro il prolungamento della sua detenzione preventiva.

Il tribunale di Mosca ha tuttavia respinto l’appello, confermando la decisione – presa il mese scorso – di estendere fino alla fine di agosto la custodia cautelare. Il cittadino statunitense, 31 anni, arrestato a marzo, sarà quindi costretto a rimanere nella prigione russa Lefortovo.

Per il servizio di sicurezza dell’Fsb il giornalista è stato colto in “flagrante” mentre raccoglieva informazioni coperte da “segreto di Stato” nella città di Ekaterinburg.

In particolare, Gershkovich “su istruzione degli Stati Uniti stava indagando su una delle imprese del complesso militare-industriale russo, informazioni che rappresentano un segreto di Stato”.

Secondo la portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, quello che Evan Gershkovich “stava facendo a Ekaterinburg non ha nulla a che fare con il giornalismo e purtroppo non è la prima volta che lo status di corrispondente estero, il visto giornalistico e l’accreditamento vengono utilizzati da stranieri nel nostro Paese per coprire attività che non sono giornalismo. Questo non è il primo noto occidentale ad essere preso con le mani nel sacco”.

Finora, però, nessuna prova è stata addotta a sostegno delle dichiarazioni russe, ma, se condannato, il reporter rischia fino a 20 anni di carcere.

“Queste accuse sono completamente false. Sono state smentite con veemenza dal Wall Street Journal, dal governo degli Stati Uniti, dalla sua famiglia. I russi non hanno prodotto assolutamente alcuna prova”, afferma alla BBC la caporedattrice del WSJ Emma Tucker, che, al contempo, già prima dell’udienza, solleva perplessità rispetto al suo esito: “Se devo essere perfettamente onesta, non ci aspettiamo che ne venga fuori nulla, ma è davvero molto importante passare attraverso il processo”.

Definito dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti come un “prigioniero ingiustamente detenuto” perché arrestato sulla base di imputazioni fasulle e per motivi politici, Evan Gershkovich – trasferitosi in Russia da 5 anni e mezzo – potrebbe diventare, se già non lo è, una pedina sulla scacchiera geopolitica che regola i rapporti tra il governo americano e quello russo, sempre più critici in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina.

“Qualunque cosa serva per far uscire Evan sarà un puzzle molto complicato. Ad essere onesti, il governo americano non ha più molta influenza, essenzialmente sta aiutando il nemico della Russia a combattere una guerra contro di essa. Quindi le cose sono difficili”, sottolinea Tucker.

Intanto il ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, ha reso noto che sta valutando la richiesta, giunta dall’ambasciata degli Stati Uniti, per un incontro con il giornalista del Wall Street Journal. “La richiesta è stata ricevuta ed è allo studio. Non c’è ancora una decisione”, ha dichiarato Ryabkov, spiegando inoltre che le autorità russe sono “in contatto con l’ambasciata degli Stati Uniti su questo argomento” e gli americani “saranno informati” rispetto all’esito della loro richiesta.

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