Moda, maxi-multa da Bruxelles: Gucci, Chloé e Loewe sanzionate per 157 milioni di euro
La Commissione Europea ha inflitto oltre 157 milioni di euro di multe a Gucci, Chloé e Loewe per aver imposto ai rivenditori restrizioni sui prezzi di vendita. Una pratica anticoncorrenziale che, secondo Bruxelles, ha gonfiato i prezzi e ridotto la libertà dei consumatori nel mercato del lusso.
Moda, maxi-multa da Bruxelles: Gucci, Chloé e Loewe sanzionate per 157 milioni di euro
La Commissione Europea accusa i tre marchi del lusso di aver manipolato i prezzi di vendita in tutta l’Unione. “Inaccettabile: i consumatori meritano concorrenza reale, online e offline.”
Bruxelles torna a colpire nel cuore del lusso europeo.
La Commissione Europea ha inflitto una multa complessiva di oltre 157 milioni di euro ai colossi della moda Gucci, Chloé e Loewe, accusandoli di aver fissato i prezzi di rivendita dei propri prodotti in violazione delle regole sulla concorrenza dell’Unione Europea.
Secondo quanto emerso dall’indagine, le tre maison avrebbero imposto ai loro rivenditori — sia online che nei negozi fisici — restrizioni severe sulla libertà di determinare i prezzi di vendita. In sostanza, i commercianti non potevano stabilire autonomamente sconti o promozioni, ma erano vincolati alle direttive centrali delle case madri.
Un comportamento che, per Bruxelles, ha avuto conseguenze dirette per i consumatori europei: prezzi più alti e meno possibilità di scelta.
Come funzionava il meccanismo
Dai documenti della Commissione emerge un quadro piuttosto chiaro. Gucci, Chloé e Loewe — rispettivamente con sede in Italia, Francia e Spagna — hanno per anni condizionato il mercato del lusso imponendo limiti agli sconti, prezzi consigliati obbligatori e periodi di saldo rigidamente controllati.
In certi casi, i rivenditori sono stati addirittura proibiti dal praticare qualunque riduzione di prezzo, almeno per un certo periodo.
L’obiettivo, secondo Bruxelles, era duplice: impedire ai negozi indipendenti di fare concorrenza ai canali diretti delle stesse maison e mantenere artificiosamente alti i listini di abbigliamento, pelletteria, calzature e accessori.
Le restrizioni riguardavano l’intero Spazio Economico Europeo e coinvolgevano centinaia di rivenditori.
In alcuni casi, come nel caso di Gucci, le pratiche si sono spinte fino a vietare la vendita online di intere linee di prodotti, una mossa che la Commissione ha considerato particolarmente grave.
Otto anni di infrazioni
Le violazioni sono durate diversi anni: Gucci avrebbe mantenuto queste politiche tra il 2015 e il 2023, Loewe dallo stesso periodo fino al 2023, mentre Chloé ha iniziato più tardi, nel 2019.
Tutto è finito nella primavera del 2023, quando gli ispettori europei hanno bussato alle sedi dei tre marchi con ispezioni a sorpresa.
Da lì, il passo verso l’apertura di un procedimento formale è stato breve: nel luglio 2024 la Commissione ha avviato ufficialmente le cause, concludendole ora con una decisione storica.
Le sanzioni e la cooperazione
Le multe sono state determinate in base alla gravità e alla durata delle infrazioni, ma anche al volume delle vendite generate all’interno del mercato europeo.
Gucci, la più colpita, dovrà pagare quasi 120 milioni di euro; Chloé, poco meno di 20 milioni; Loewe, circa 18 milioni.
Le tre case di moda hanno tuttavia cooperato con la Commissione durante l’indagine, ottenendo così riduzioni significative delle sanzioni.
Gucci e Loewe, in particolare, hanno fornito prove decisive sin dalle prime fasi: Gucci ha addirittura rivelato un’infrazione che non era ancora nota agli investigatori, mentre Loewe ha contribuito ad ampliare il periodo coperto dall’indagine.
La collaborazione, spiegano da Bruxelles, ha permesso di chiudere il procedimento in tempi più rapidi e con maggiore chiarezza sulle responsabilità di ciascuno.
Un segnale forte al mondo del lusso
“La decisione di oggi manda un messaggio inequivocabile a tutta l’industria della moda,” ha dichiarato Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva della Commissione per la Transizione Equa e Competitiva.
“In Europa, tutti i consumatori — qualunque cosa comprino, e ovunque la comprino — hanno diritto a beneficiare di una vera concorrenza sui prezzi. Non tollereremo pratiche che violano queste regole, neppure nel settore del lusso.”
Le tre maison, pur agendo indipendentemente, hanno operato in modo analogo e per periodi in parte sovrapposti, condizionando un segmento del mercato — quello dell’alta moda — che, proprio per la sua esclusività, resta altamente sensibile a qualunque manipolazione dei prezzi.
Possibili risarcimenti e ricorsi nazionali
La decisione della Commissione apre ora la porta a cause civili per danni da parte di rivenditori o consumatori che si ritengano penalizzati.
Le sentenze europee, una volta definitive, costituiscono prova vincolante dell’illegalità delle condotte accertate.
Ciò significa che i tribunali nazionali potranno riconoscere risarcimenti economici senza dover rimettere in discussione i fatti già stabiliti da Bruxelles.
In parallelo, la Commissione ha ricordato che chiunque sospetti pratiche anticoncorrenziali può segnalarle in forma anonima tramite la piattaforma dedicata ai whistleblower, protetta da un sistema di messaggistica criptato.
Un precedente per tutto il mercato europeo
Le sanzioni contro Gucci, Chloé e Loewe rappresentano un precedente di peso per il mondo del lusso europeo.
Bruxelles vuole così ribadire che le regole della concorrenza valgono per tutti, anche per i marchi simbolo dell’eleganza e del prestigio continentale.
Le somme versate confluiranno nel bilancio generale dell’Unione Europea e, come da prassi, ridurranno i contributi futuri degli Stati membri, alleggerendo il peso sui contribuenti.
Il caso Gucci-Chloé-Loewe segna un punto di svolta nei rapporti tra le istituzioni europee e l’industria del lusso.
Bruxelles non punta solo a punire, ma a dissuadere altre aziende dal controllare artificialmente il mercato.
Per i consumatori, è un passo verso maggiore trasparenza e libertà di scelta.
Per le maison, un promemoria: anche nel mondo scintillante dell’alta moda, le regole del libero mercato non sono un accessorio.
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