Lavrov accusa la Nato di voler ‘combattere’ in Ucraina in quanto ‘l’Alleanza ha dimostrato di non voler fermare le ostilità’
Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha accusato la Nato di voler “combattere” in Ucraina in quanto l’Alleanza ha dimostrato di non voler fermare le ostilità. Durante la sua visita ufficiale a Minsk, in Bielorussia, Lavrov ha sottolineato che “per bocca” del segretario generale della Nato, Jens Stolteberg, Mosca sa che gli alleati dell’Ucraina “sono contrari al ‘congelamento’, come si suol dire, del conflitto in Ucraina”.
“Quindi vogliono combattere. Bene, lasciamoli combattere. Siamo pronti per questo”, ha proseguito Lavrov, che ha incontrato il presidente bielorusso Alexander Lukashenko e gli omologhi dei Paesi che compongono l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva.
Lavrov, citato dall’agenzia Interfax, ha assicurato che la Russia conosce gli obiettivi della Nato in Ucraina da “molto tempo” e che ora cerca di metterli in pratica.
“Allo stesso tempo dichiarano che non stanno conducendo una guerra contro la Russia”, ma “riconoscono che se non avessero fornito armi al regime di Kiev, tutto sarebbe finito – ha detto – Questo è un riconoscimento de facto che sono un partecipante diretto alla dichiarata guerra ibrida contro la Russia”.
Un “villaggio americano” alle porte di Mosca, dove ospitare i fan occidentali di Putin desiderosi di trasferirsi in Russia. È il nuovo progetto a cui sta lavorando il regime e che è stato presentato in questi giorni su Izvestija, il quotidiano controllato da Gazprom e megafono del Cremlino. “Decine di migliaia di cittadini dei paesi a noi ostili dell’Europa, della Nato e degli Stati Uniti stanno per trasferirsi in Russia e sono pronti ad adottare tutte le misure necessarie. Non hanno origini russe ma pensano che la Russia sia un’arca di tranquillità e decenza, dove vivere e far crescere i propri figli secondo i valori umani più tradizionali”.
L’annuncio è venuto da Evgenij Primakov – nipote omonimo di colui che negli anni di Eltsin fu ministro degli Esteri e capo del governo, alfiere di un maggior protagonismo internazionale della Russia e poi influente consigliere di Putin – che oggi dirige l’agenzia governativa Rossotrudnichestvo.
Formalmente dedicata alla “cooperazione umanitaria internazionale” e in particolare “ai compatrioti che vivono all’estero”, l’agenzia è in realtà erede diretta di quella che ai tempi dell’Urss fu la Voks, la celebre “Associazione sovietica per i legami culturali con l’estero”.
Attraverso la Voks, fondata quasi un secolo fa dalla sorella di Trockij e moglie di Kamenev, passava il coordinamento delle tante “società di amicizia con l’Urss” diffuse in Occidente e la realizzazione dei bollettini di propaganda sovietica da distribuire ovunque nel mondo. Ma anche e soprattutto la cura – tra contatti, prebende, ospitalità e vigilanza quotidiana – degli intellettuali occidentali che venivano invitati a visitare la “patria del socialismo”: quei “pellegrini politici”, nella definizione di Paul Hollander, che in buona o cattiva fede prestavano nome e credibilità alla diffusione delle falsità sovietiche oltre la cortina di ferro.
Ossessionato dal sogno di ricostruire la potenza perduta, Putin torna quindi ad utilizzare gli strumenti che furono dell’Urss. Non solo quelli di repressione politica e sopraffazione militare, ma anche quelli che ieri facevano leva sulla più classica propaganda e che oggi integrano e allargano la strategia della “guerra ibrida” già teorizzata da Valerij Gerasimov, da gennaio al comando dell’invasione russa in Ucraina.
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