Kiev bombardata mentre ad Abu Dhabi Usa e Russia trattano la pace: sei morti nella notte e tensione sul nuovo piano in 19 punti.
Nuova ondata di attacchi russi sulla capitale ucraina proprio mentre a Ginevra e Abu Dhabi proseguono i colloqui tra Stati Uniti, Russia e Ucraina sul piano di pace riformulato in 19 punti.
Kiev bombardata mentre ad Abu Dhabi Usa e Russia trattano la pace: sei morti nella notte e tensione sul nuovo piano in 19 punti.
La guerra in Ucraina è arrivata al giorno 1.371 con un paradosso drammatico: mentre sui tavoli di Ginevra e Abu Dhabi si discute di un nuovo piano di pace in 19 punti, nella notte su Kiev e su altre regioni ucraine sono tornate a cadere ondate di missili e droni. Almeno sei civili sono morti nella capitale e decine sono rimasti feriti; nello stesso arco di ore funzionari statunitensi, russi e ucraini continuano a intrecciare colloqui riservati per capire se il conflitto può imboccare finalmente un sentiero negoziale.
Il raid notturno su Kiev: sei morti e danni a infrastrutture civili
Nella notte tra il 24 e il 25 novembre, le forze armate russe hanno lanciato un massiccio attacco combinato contro l’intera Ucraina.
Kiev è stata colpita duramente. Nel quartiere Svyatoshynskyi, secondo i dati forniti dall’amministrazione militare della capitale guidata da Tymur Tkachenko, quattro persone sono rimaste uccise e almeno tre ferite. In un altro quartiere, Dniprovskyi, un edificio residenziale di nove piani è stato centrato, provocando un incendio che ha causato ulteriori vittime, tra cui una donna di 86 anni. Un secondo grattacielo di 22 piani è stato colpito nel distretto di Pechersk.
Il bilancio, aggiornato dal sindaco Vitali Klitschko nelle prime ore del mattino, parla di almeno sei morti e più di una dozzina di feriti. Ed è destinato a essere confermato solo dopo il completamento delle operazioni di ricerca tra le macerie, con i vigili del fuoco ancora impegnati a smantellare le strutture pericolanti e a verificare l’eventuale presenza di persone intrappolate.
Il presidente Volodymyr Zelensky, in un messaggio diffuso sui social, ha descritto un quadro di distruzione che va oltre la capitale: “danni significativi” sono stati registrati nella regione di Odessa – con porti, depositi alimentari e infrastrutture energetiche nel mirino – e nelle regioni di Dnipro, Kharkiv, Chernihiv e Cherkasy. Gli obiettivi principali, ha denunciato, restano il settore energetico e “tutto ciò che mantiene la vita normale” per milioni di civili.
Secondo le autorità ucraine, nella sola notte dell’attacco la Russia avrebbe lanciato 22 missili di vario tipo e oltre 460 droni, la maggior parte dei quali intercettati dalla difesa aerea, ma non abbastanza da evitare nuove vittime e danni estesi alla rete elettrica, alle forniture di acqua e al riscaldamento in pieno inverno.
La “risposta terroristica” di Putin al piano di pace americano
A Kiev nessuno ha dubbi sul legame tra l’ondata di missili e il delicato momento diplomatico. Il ministro degli Esteri Andrii Sybiha ha definito l’attacco una “reazione terroristica” del Cremlino alle proposte americane per la pace. “Putin ha dato la sua risposta terroristica alle proposte di pace degli Stati Uniti e del presidente Trump, con una raffica di missili e droni contro l’Ucraina”, ha scritto Sybiha, sottolineando che gli obiettivi colpiti sono stati ancora una volta “edifici residenziali ordinari e infrastrutture energetiche critiche civili”, ben lontani dal fronte e da qualunque obiettivo militare dichiarato.
Il contrattacco ucraino in Russia: tre morti a Taganrog e 249 droni abbattuti
Sul fronte opposto, Mosca denuncia a sua volta di essere stata presa di mira da un attacco ucraino. Nella regione di Rostov, nella Russia meridionale, un raid con droni sulla città portuale di Taganrog ha provocato almeno tre morti e otto feriti, con due condomini e un’abitazione privata colpiti.
Il ministero della Difesa russo afferma inoltre di aver abbattuto 249 droni ucraini in una sola notte, distribuiti tra diverse regioni: 116 sopra il Mar Nero, 76 nella regione di Krasnodar, 23 in Crimea e 16 nella stessa regione di Rostov. Numeri non verificabili in modo indipendente, ma che confermano la crescente intensità della “guerra dei droni”, sempre più centrale nella strategia militare di entrambe le parti.
Il nuovo piano di pace: da 28 a 19 punti
Mentre i raid si susseguono, nelle stanze della diplomazia prende forma una nuova bozza di piano di pace. Il documento originario, elaborato dall’amministrazione Trump in 28 punti, era stato accolto con forte scetticismo sia da Kiev sia da diverse capitali europee, che lo giudicavano squilibrato e troppo favorevole alle richieste russe.
Dopo una maratona di incontri – tra Svizzera, Sudafrica e infine Angola – quel testo è stato “asciugato” e trasformato in una bozza di 19 punti. Il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha parlato di una direzione “positiva”, pur ammettendo che restano “questioni da risolvere” prima di poter pensare a un accordo condiviso.
La presidenza ucraina, pur sottolineando che il nuovo testo ha “poco in comune” con la versione originale, lo considera un punto di partenza per ulteriori trattative. Molti degli elementi più controversi – dalle questioni territoriali ai rapporti futuri tra Nato, Russia e Stati Uniti – restano tra parentesi e saranno rimessi alla decisione politica finale.
Le reazioni di Mosca: tra smentite e accuse di “delirio informativo”
Dal Cremlino, tuttavia, arrivano messaggi contraddittori. Il portavoce Dmitry Peskov ha dichiarato che la Russia non ha ricevuto alcun “piano in 19 punti”, definendo la situazione attuale come un vero e proprio “delirio informativo”, con troppe indiscrezioni e dichiarazioni interamente mediatiche.
Mosca continua a contestare anche la controproposta europea al piano americano, giudicandola “non costruttiva” e “inadatta” agli interessi russi. Il consigliere per la politica estera del Cremlino, Yuri Ushakov, ha parlato di un testo pieno di “speculazioni”, non chiaro nei suoi obiettivi, mentre Vladimir Putin, in una telefonata con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ha mantenuto formalmente aperta la porta al dialogo, definendo il piano americano – nella sua versione presentata a Mosca – “una base per una risoluzione pacifica definitiva”.
Putin ripete che la Russia è “interessata a una soluzione diplomatica” e che le proposte americane possono essere una “base” per un accordo finale. Dichiarazioni che coesistono, però, con la realtà di un conflitto che continua a consumare vite e infrastrutture, e con la riluttanza del Cremlino a riconoscere pubblicamente la nuova bozza in 19 punti.
Dietro le formule diplomatiche si intravede la strategia di sempre: apprezzare pubblicamente gli sforzi negoziali, senza però rinunciare alla leva militare né offrire, per ora, segnali concreti di disponibilità a concessioni sostanziali.
Abu Dhabi, Ginevra, Luanda: la diplomazia in movimento
Sul piano operativo, gli Stati Uniti stanno cercando di cucire una trama negoziale che coinvolga direttamente sia Kiev sia Mosca, con il sostegno – non sempre lineare – degli europei.
Ginevra. È qui che si è svolta la tornata centrale dei colloqui tra delegazioni statunitensi e ucraine, da cui è emerso il nuovo piano in 19 punti, poi rielaborato con il contributo europeo.
Abu Dhabi. Negli Emirati Arabi Uniti si sono tenuti, nelle ultime ore, colloqui a porte chiuse tra il segretario dell’Esercito Usa Dan Driscoll e rappresentanti russi. Secondo alcune ricostruzioni, Driscoll avrebbe incontrato anche il capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, lavorando in sostanza a un tavolo trilaterale. Gli incontri, durati diverse ore, hanno l’obiettivo di stabilire il perimetro di possibili intese future e preparare un eventuale passaggio a livello politico più alto. Il Cremlino, su questa riunione, mantiene ufficialmente il silenzio.
Luanda. A margine del summit Ue-Africa in Angola, i leader europei hanno discusso a lungo della bozza e delle correzioni necessarie per renderla accettabile a Kiev e compatibile con le priorità di sicurezza del continente.
A questo intenso lavorio diplomatico si aggiunge una riunione virtuale, prevista nel pomeriggio, della Coalizione dei Volenterosi, presieduta dal premier britannico Keir Starmer insieme a Emmanuel Macron e con la partecipazione, tra gli altri, del cancelliere tedesco Friedrich Merz, del premier canadese Mark Carney e del segretario generale della Nato Mark Rutte. Sul tavolo, ancora una volta, il nuovo piano di pace Usa e la richiesta comune che Mosca mostri finalmente una disponibilità concreta a sedersi al tavolo.
Trump, Zelensky e il ruolo degli Stati Uniti
Al centro di tutto resta il rapporto tra Kiev e Washington. Donald Trump, attraverso la sua portavoce Karoline Leavitt, si è detto “fiducioso e ottimista” sulla possibilità di arrivare a un accordo e ha lasciato intendere di essere pronto a concedere più tempo oltre la scadenza inizialmente fissata per il 27 novembre, pur rivendicando una forte pressione su entrambe le parti, Putin e Zelensky.
La Casa Bianca, però, precisa che al momento “non è previsto alcun incontro” tra Trump e Zelensky per finalizzare il piano. Le autorità ucraine, dal canto loro, continuano a sperare in un faccia a faccia entro fine novembre: il segretario del Consiglio per sicurezza e difesa, Rustem Umerov, ha parlato esplicitamente dell’intenzione di organizzare al più presto una visita di Zelensky negli Stati Uniti per “completare le fasi finali e raggiungere un accordo con Trump”.
Il premier olandese Dick Schoof riassume così la posta in gioco: ora “Zelensky deve prendere grandi decisioni”, ma sarà la risposta della Russia a decidere se il piano potrà evolvere in un vero processo negoziale o se si avrà l’ennesima conferma che Mosca “non è realmente interessata alla pace”.
Tra bombe e bozze: il bivio dell’Ucraina
Il quadro che emerge da questa giornata è quello di una doppia pressione sull’Ucraina: da un lato, la pressione militare russa, che continua a colpire città, infrastrutture energetiche, reti idriche e residenze civili, lasciando il Paese ogni volta più provato e dipendente dall’aiuto occidentale e dall’altro la pressione diplomatica e politica, con piani di pace successivi che chiedono a Kiev di prendere decisioni difficilissime su territori, neutralità, dimensioni delle Forze Armate e rapporto con la Nato.
Zelensky, nel suo messaggio notturno, ha cercato di tenere insieme questi due piani: ha ringraziato tutti i partner che sostengono l’Ucraina e rilanciato la necessità di continuare sia con la pressione delle armi e delle difese aeree sia con quella delle sanzioni e della diplomazia. “Non ci possono essere pause nell’assistenza”, ha ammonito, ricordando che ogni giorno perso sul terreno o nei negoziati rischia di essere pagato con altre vite civili.
In attesa di capire se il piano in 19 punti diventerà la base di un vero negoziato o l’ennesimo esercizio diplomatico destinato a naufragare, la guerra continua a parlare soprattutto con il linguaggio dei missili e dei droni.
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