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Israele lancia l’operazione “Carri di Gedeone” a Gaza: oltre 53mila morti. L’ONU: “Pulizia etnica”.

L’esercito israeliano intensifica l’offensiva contro Hamas con raid e truppe sul campo. Cresce l’allarme umanitario. L’ONU accusa Tel Aviv di violazioni del diritto internazionale. Trump: “La gente muore di fame”.

Israele lancia l’operazione “Carri di Gedeone” a Gaza: oltre 53mila morti. L’ONU: “Pulizia etnica”.

L’esercito israeliano intensifica l’offensiva contro Hamas con raid e truppe sul campo. Cresce l’allarme umanitario. L’ONU accusa Tel Aviv di violazioni del diritto internazionale. Trump: “La gente muore di fame”.

Israele ha dato ufficialmente il via all’operazione militare “Carri di Gedeone” nella Striscia di Gaza, intensificando i bombardamenti e schierando le truppe lungo i principali fronti di Rafah e Khan Younis. L’azione, definita “decisiva” dallo Stato maggiore israeliano, ha l’obiettivo di “sradicare Hamas” e ottenere il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani del gruppo palestinese. Le forze armate israeliane (IDF) parlano di una campagna che “continuerà nelle prossime ore e giorni”, mentre sul terreno si moltiplicano le vittime civili: sono almeno 153 quelle registrate solo nelle ultime 24 ore, secondo il ministero della Sanità di Gaza. Il bilancio complessivo, dallo scoppio della guerra, supera ora le 53.200 vittime.

Il piano militare: l’assalto finale

Secondo quanto riferito e confermato da fonti militari israeliane, l’attuale raffica di bombardamenti rappresenta l’ultima fase preparatoria prima dell’ingresso delle truppe nei centri abitati del sud della Striscia. I raid hanno già causato danni ingenti e l’esercito ha annunciato la distruzione di un tunnel strategico lungo circa due chilometri nel nord di Gaza, utilizzato da Hamas per spostamenti sotterranei. Durante l’operazione, decine di combattenti palestinesi sono stati uccisi e sono stati sequestrati razzi, granate e altre armi leggere.

Il governo Netanyahu ha dato il via libera all’espansione dell’offensiva nei primi giorni di maggio, e l’operazione prende il nome da un episodio biblico in cui il giudice Gedeone, con un manipolo di uomini, riuscì a sconfiggere l’esercito nemico dei Madianiti. Un simbolo di vittoria schiacciante, ora rievocato per l’ambizione strategica di cancellare Hamas da Gaza.

Le reazioni internazionali: accuse, appelli e pressioni

La nuova escalation ha scatenato una reazione durissima da parte delle Nazioni Unite. L’Alto Commissario per i Diritti Umani, Volker Turk, ha parlato apertamente di “pulizia etnica”: «È in atto una pressione sistematica che potrebbe portare a un cambiamento demografico permanente a Gaza. È un crimine contro il diritto internazionale».

Nel frattempo, la situazione umanitaria si aggrava di ora in ora. Da oltre due mesi, Israele mantiene un blocco quasi totale degli aiuti umanitari, costringendo oltre due milioni di persone a vivere senza cibo sufficiente, acqua potabile, medicinali e carburante. «Molte persone stanno morendo di fame», ha dichiarato anche il presidente americano Donald Trump, durante una tappa del suo tour nel Golfo. Il tycoon ha ribadito di voler “tenere d’occhio” la situazione a Gaza, ma ha evitato di visitare Israele, alimentando i sospetti su una possibile frattura con Netanyahu.

Secondo fonti di NBC News, l’amministrazione Trump starebbe valutando un controverso piano di trasferimento permanente di un milione di palestinesi dalla Striscia alla Libia, in coordinamento con le autorità di Tripoli. Il progetto, ancora in fase di studio, ha già sollevato polemiche e critiche internazionali.

Hamas torna al tavolo negoziale

Sotto il peso dei bombardamenti, Hamas ha annunciato un cambio di linea: accetta di tornare ai colloqui sul cessate il fuoco “senza condizioni preliminari”, secondo quanto riferito da un alto funzionario del movimento, Taher al-Nunu, alla Reuters. I colloqui si stanno svolgendo a Doha, in Qatar, ma le trattative restano in stallo. L’inviato statunitense Steve Witkoff ha abbandonato ieri la capitale qatariota, lasciando presagire una possibile rottura.

L’Europa prende posizione: “Stop al massacro”

Dall’Europa, il premier spagnolo Pedro Sanchez ha chiesto all’ONU di pronunciarsi sulla legalità delle azioni israeliane a Gaza. Insieme a Norvegia, Irlanda, Islanda, Lussemburgo, Malta e Slovenia, ha firmato un documento a Tirana chiedendo la fine immediata dei bombardamenti, la revoca del blocco e il ripristino degli aiuti umanitari. «Non resteremo in silenzio davanti alla catastrofe umanitaria in corso», si legge nel testo.

Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha ribadito la posizione dell’Italia: “La reazione c’è stata, ora basta attacchi. Serve il cessate il fuoco, e torniamo al principio: due popoli, due Stati”.

Un conflitto che si allarga

Con l’intensificarsi delle operazioni militari, la possibilità di una guerra più ampia non è più remota. Lo ha fatto intendere chiaramente anche il portavoce dell’IDF in un post su X: “Stiamo colpendo Hamas ovunque – a Gaza, sottoterra, in volo, e fuori dalla Striscia. Non ci fermeremo finché non riporteremo a casa ogni ostaggio e non annienteremo il regime terroristico”.

E mentre Netanyahu si dice pronto a “molto di più”, cresce il timore che l’operazione “Carri di Gedeone” si trasformi in un punto di non ritorno. Gaza è in ginocchio. Il mondo guarda, diviso tra la condanna dell’escalation e l’impotenza diplomatica.

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