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Iran, esplosione al porto di Shahid Rajaee: oltre 40 morti e 1.200 feriti. Ombre sul carico cinese.

Una devastante esplosione scuote il principale scalo commerciale iraniano. Il governo parla di incidente, ma emergono accuse di traffici di materiali per missili e sospetti di sabotaggio.

Iran, esplosione al porto di Shahid Rajaee: oltre 40 morti e 1.200 feriti. Ombre sul carico cinese. 

Una devastante esplosione scuote il principale scalo commerciale iraniano. Il governo parla di incidente, ma emergono accuse di traffici di materiali per missili e sospetti di sabotaggio.

BANDAR ABBAS (Iran) – È salito ad almeno 40 morti e oltre 1.200 feriti il bilancio della devastante esplosione avvenuta sabato mattina al porto di Shahid Rajaee, vicino alla città di Bandar Abbas, nel sud dell’Iran. Il governo ha proclamato il lutto nazionale e ordinato un’indagine approfondita, mentre restano forti dubbi sulle cause della deflagrazione.

Il sospetto del carico chimico cinese

Le autorità iraniane hanno attribuito l’esplosione a un incendio innescato da materiali chimici pericolosi immagazzinati in container, respingendo con forza ogni ipotesi di coinvolgimento militare. «Non c’erano carichi di uso bellico nel porto», ha dichiarato il portavoce del ministro della Difesa, Reza Talaeinik, accusando i media stranieri di alimentare «operazioni psicologiche» contro l’Iran. Tuttavia, numerosi analisti internazionali mettono in dubbio la versione ufficiale.

Secondo fonti citate dal New York Times e da Iran International, l’esplosione sarebbe stata provocata dalla presenza di tonnellate di perclorato di sodio, una sostanza utilizzata nella produzione di combustibile solido per missili balistici. A febbraio una nave iraniana, la Jeyran, partita dalla Cina, avrebbe trasportato questo materiale proprio al porto di Bandar Abbas. Il carico sarebbe stato nascosto sotto container di cereali da una società collegata alla Fondazione Mostazafan, affiliata al potere teocratico iraniano.

Il contesto: tra negoziati nucleari e accuse di sabotaggio

Nonostante il governo insista sulla natura “accidentale” dell’incidente, il contesto resta sospetto. L’esplosione è avvenuta proprio mentre a Muscat, in Oman, si svolgeva il terzo round di colloqui tra Teheran e Washington sul programma nucleare iraniano. Una coincidenza che ha alimentato speculazioni su un possibile sabotaggio. Israele ha negato ogni coinvolgimento, ma alcuni esponenti del Parlamento iraniano, come Mohammad Seraj, hanno accusato Tel Aviv di aver orchestrato l’esplosione attraverso esplosivi nascosti nei container.

Il presidente Masoud Pezeshkian ha sorvolato la zona del disastro per monitorare i soccorsi, dichiarandosi vicino alle vittime, ma evitando riferimenti diretti al sospetto carico chimico cinese. «Dobbiamo evitare di lasciare troppi container fermi nei porti. Servono standard di sicurezza più elevati, come nei Paesi avanzati», ha commentato.

Emergenza soccorsi e repressione interna

Intanto, la società di sicurezza privata Ambrey e vari esperti di difesa suggeriscono che l’incendio sarebbe stato causato da una manipolazione impropria del materiale altamente infiammabile. In Iran, incidenti industriali e infrastrutturali sono purtroppo frequenti, anche a causa della vetustà delle strutture e della scarsa manutenzione.

Dura la condanna di Narges Mohammadi, premio Nobel per la pace, che ha accusato apertamente il regime: «Siamo nel mezzo di un disastro. Il grande disastro e la fonte di tutti i disastri è un regime irresponsabile. Per il governo iraniano, il popolo non ha posto». Un’accusa che riflette la crescente frustrazione della popolazione verso la gestione delle emergenze e la mancanza di trasparenza da parte delle autorità.

Mentre il fumo nero continuava a salire sullo Stretto di Hormuz, davanti a Dubai, due aerei russi sono atterrati a Bandar Abbas per aiutare nei soccorsi. Le autorità iraniane avvertono: chi diffonde notizie diverse dalla versione ufficiale rischia il carcere. Una strategia già vista, mirata a evitare discussioni pubbliche sulle attività missilistiche del Paese, in un momento particolarmente delicato nei negoziati internazionali.

Il prossimo round di colloqui tra Iran e Stati Uniti è previsto per il 3 maggio in Europa. Nonostante il grave incidente, entrambe le delegazioni hanno definito “costruttive” le discussioni in corso. Ma l’ombra lunga dell’esplosione al porto rischia di pesare sui fragili tentativi di dialogo.

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