Incontro Al Sharaa-Trump: la Siria si unisce alla lotta contro l’ISIS
Da ex capo jihadista a partner strategico degli Stati Uniti: la visita di Ahmad Al Sharaa alla Casa Bianca segna una svolta storica per Damasco e per l’intero Medio Oriente.
ChatGPT ha detto:
Incontro Al Sharaa-Trump: la Siria si unisce alla lotta contro l’ISIS.
La scena politica internazionale registra un evento destinato a cambiare il corso della storia mediorientale. Il presidente siriano Ahmad Al Sharaa, ex leader della filiale siriana di Al Qaeda, è atterrato a Washington per un incontro senza precedenti con il presidente americano Donald Trump.
L’obiettivo è formalizzare la partecipazione della Siria alla coalizione internazionale anti-ISIS, trasformandolo in un alleato strategico nella guerra al terrorismo islamico.
L’incontro rappresenta una svolta epocale nelle relazioni tra i due Paesi: dal 1946, anno dell’indipendenza siriana, nessun capo di Stato di Damasco aveva mai messo piede alla Casa Bianca. E questa volta lo fa proprio un uomo che, fino a pochi anni fa, figurava nella blacklist americana come terrorista internazionale, con una taglia di 10 milioni di dollari sulla testa.
Una visita storica
Nonostante l’assenza di protocolli solenni, bandiere e telecamere nello Studio Ovale, la visita di Al Sharaa ha un significato politico enorme. L’accoglienza è stata discreta: il leader siriano è entrato dalla porta laterale della Casa Bianca, evitando la consueta cerimonia ufficiale per ridurre il rischio di imbarazzi diplomatici.
Tuttavia, la sostanza dell’incontro parla da sé. Solo pochi giorni prima, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, su proposta degli Stati Uniti, aveva revocato le sanzioni personali contro Al Sharaa, che è stato rimosso dalla lista nera dei terroristi.
Lo stesso Trump, che aveva già incontrato il presidente siriano in Arabia Saudita lo scorso maggio, ha espresso toni entusiasti: “è un tipo tosto, forte e affascinante” ha dichiarato.
L’ingresso ufficiale nella coalizione anti-ISIS
La Siria entra così a far parte ufficialmente della coalizione internazionale anti-ISIS guidata dagli Stati Uniti. Un passo importante per Damasco che diventa partner politico contro il jihadismo. “La Siria ha firmato una dichiarazione di cooperazione politica con la coalizione per sconfiggere l’ISIS, confermando il suo ruolo di partner nella stabilità regionale”
ha dichiarato il ministro dell’Informazione siriano in un post su X.
Al Sharaa ha anticipato la visita con un’incursione anti-ISIS che ha portato all’arresto di 70 militanti in territorio siriano, mostrando così la volontà concreta di cooperare. In un video diffuso sui social, poi, il presidente è apparso in una partita di basket con il ministro degli Esteri Assad Al-Chaibani, il comandante delle forze USA in Medio Oriente, Brad Cooper, e il capo della coalizione anti-jihadista, Kevin Lambert: un gesto simbolico di distensione e alleanza.
Sospensione delle sanzioni e accordo politico
Gli Stati Uniti hanno annunciato la sospensione per 180 giorni di alcune sanzioni contro la Siria, escluse alcune transazioni con Russia e Iran, storici alleati di Damasco.
La Caesar Syria Civilian Protection Act, approvata nel 2019 contro il governo siriano e i suoi alleati per violazione dei diritti umani, resta in vigore nella sua parte principale, ma Washington ha concesso delle eccezioni temporanee per incentivare il dialogo e la stabilizzazione interna del Paese.
La revoca definitiva, tuttavia, richiede il voto del Congresso, dove i repubblicani condizionano il via libera al rispetto dei diritti umani, all’impegno nella ricostruzione e alla lotta effettiva al terrorismo.
Base militare americana e nuovi negoziati con Israele
I punti toccati durante dell’incontro sono stati molteplici e di natura strategica. Fonti diplomatiche americane hanno confermato che gli Stati Uniti intendono aprire una base militare nei pressi di Damasco, destinata a “coordinare aiuti umanitari e monitorare i rapporti tra Siria e Israele”.
Contestualmente, Damasco avrebbe riavviato i negoziati con Israele per un accordo di sicurezza che prevede il ritiro dello Stato ebraico dalle aree meridionali della Siria occupate dopo la caduta del precedente regime di Bashar al-Assad.
L’adesione agli Accordi di Abramo, tuttavia, resta incerta: Tel Aviv mantiene una posizione di cautela verso il nuovo corso siriano.
Un altro aspetto importante è la riapertura dell’ambasciata siriana a Washington, chiusa da oltre un decennio, che segna un progressivo ritorno della Siria sulla scena diplomatica internazionale.
Ricostruzione del Paese e fusione delle forze armate
Altro punto centrale del summit è la ricostruzione della Siria, stimata dalla Banca Mondiale in 216 miliardi di dollari. Washington chiede, inoltre, a Damasco di unificare le Forze Democratiche Siriane (SDF), a maggioranza curda, con il nuovo esercito nazionale siriano, così da creare una struttura militare integrata, capace di garantire stabilità e sicurezza.
Un accordo di principio è già stato raggiunto lo scorso marzo, ma l’attuazione resta bloccata da tensioni locali e rivalità interne.
Damasco torna protagonista
Con questa mossa, la Siria si allontana definitivamente dal suo passato di isolamento internazionale e si propone come nuovo attore di riferimento nella lotta al terrorismo globale.
Con questo incontro Damasco, dunque, ottiene un primo e prezioso risultato: 180 giorni di sospensione delle sanzioni, una riapertura diplomatica e il riconoscimento internazionale di un ruolo strategico che, fino a poco tempo fa, sembrava impensabile.
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