Hong Kong, Jimmy Lai colpevole di collusione e sedizione: il magnate pro democrazia rischia l’ergastolo.
Verdetto del tribunale di West Kowloon nel processo simbolo della legge sulla sicurezza nazionale. Condanna di Londra, Pechino difende la sentenza.
Hong Kong, Jimmy Lai colpevole di collusione e sedizione: il magnate pro democrazia rischia l’ergastolo.
Jimmy Lai, magnate dei media pro-democrazia di Hong Kong e fondatore dello storico quotidiano Apple Daily, è stato dichiarato colpevole di collusione con forze straniere e sedizione. La sentenza è stata pronunciata dal tribunale di West Kowloon ed è firmata dai giudici Alex Lee, Esther Toh e Susana D’Almada Remedios. Lai, che ha compiuto 78 anni la scorsa settimana, è stato riconosciuto responsabile di due capi d’imputazione per cospirazione con forze straniere ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino nel giugno 2020 e di un terzo capo per sedizione, basato su una normativa risalente all’epoca coloniale britannica. La pena sarà stabilita in una fase successiva del procedimento e potrebbe arrivare fino all’ergastolo.
Un processo simbolo della nuova Hong Kong
Il verdetto arriva a cinque anni dall’avvio del procedimento giudiziario ed è considerato da osservatori internazionali e organizzazioni per i diritti umani come uno dei casi più emblematici dell’erosione delle libertà civili nell’ex colonia britannica. Il processo a Lai è diventato il simbolo dell’applicazione più dura della legge sulla sicurezza nazionale, introdotta da Pechino dopo le grandi proteste pro-democrazia del 2019 per rafforzare il controllo politico e giudiziario sulla città.
Le accuse: Apple Daily e i rapporti con l’estero
Secondo l’accusa, Lai avrebbe utilizzato il suo tabloid Apple Daily, oggi chiuso, come piattaforma per fare pressione su governi stranieri, in particolare Stati Uniti e Regno Unito, affinché imponessero sanzioni e misure ostili contro la Cina e Hong Kong. I giudici hanno ritenuto che la pubblicazione di articoli e commenti fosse finalizzata a “fomentare il malcontento” nei confronti del governo e a minare la sicurezza nazionale. Parte delle prove riguarda anche incontri con politici statunitensi, interventi su media internazionali e post sui social network, in molti casi antecedenti all’entrata in vigore della legge del 2020.
Le parole della corte
Nel motivare la decisione, la giudice Esther Toh ha affermato che “non c’è dubbio che Lai abbia nutrito risentimento e odio nei confronti della Repubblica popolare cinese per gran parte della sua età adulta”, sottolineando come questo atteggiamento emergesse chiaramente nei suoi articoli. Secondo la corte, Lai avrebbe riflettuto già prima della legge sulla sicurezza nazionale su quali leve gli Stati Uniti potessero utilizzare contro Pechino, configurando così un disegno politico coerente e consapevole.
La detenzione e le condizioni di salute
Arrestato nell’agosto del 2020, Jimmy Lai è detenuto ininterrottamente da oltre 1.800 giorni, gran parte dei quali trascorsi in isolamento. Durante l’udienza del verdetto è apparso impassibile, seduto a braccia conserte, indossando un cardigan verde chiaro e una giacca grigia. La famiglia e i legali hanno più volte espresso preoccupazione per le sue condizioni di salute, segnalando problemi legati al diabete e disturbi cardiaci, oltre alle difficoltà derivanti dal prolungato regime carcerario.
Le reazioni internazionali e la diplomazia
Il caso Lai ha avuto una forte eco internazionale. Il governo britannico ha condannato il verdetto definendolo l’esito di un “processo giudiziario motivato politicamente” e ha chiesto l’immediato rilascio del magnate dei media, cittadino britannico. Di segno opposto la reazione di Pechino, che ha espresso “pieno sostegno” alla sentenza, ribadendo la necessità di punire atti considerati una minaccia alla sicurezza nazionale. Secondo fonti diplomatiche, anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avrebbe discusso del caso con il presidente cinese Xi Jinping durante un incontro a margine del forum Apec, senza tuttavia ottenere risultati concreti.
Alla lettura della sentenza erano presenti rappresentanti consolari di diversi Paesi, tra cui Stati Uniti e Unione Europea. In aula anche la moglie di Lai, Teresa, il figlio Shun-yan e figure storiche del fronte pro-democrazia di Hong Kong, come il cardinale Joseph Zen e l’ex parlamentare Emily Lau. La loro presenza ha rafforzato il valore simbolico di un processo seguito con attenzione ben oltre i confini della città.
Il significato politico della condanna
Per attivisti e organizzazioni internazionali, il caso Jimmy Lai rappresenta una svolta definitiva: la libertà di stampa e di espressione, pilastri del modello “un Paese, due sistemi”, appaiono ormai fortemente compromesse. Amnesty International ha definito il processo una “farsa giudiziaria” e ha ribadito che Lai è un prigioniero di coscienza. In attesa della sentenza definitiva sulla pena, il suo destino resta legato non solo ai tribunali di Hong Kong, ma anche agli equilibri della diplomazia globale tra Cina e Occidente. Sicuramente, la condanna di Lai si inserisce in un contesto di progressivo smantellamento dell’opposizione politica a Hong Kong.
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