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Guerra Russia-Ucraina, Mosca dice no a tregua di Natale e truppe Nato: “puntiamo alla pace”.

Il Cremlino ribadisce il rifiuto di truppe occidentali sul territorio ucraino e nessuna concessione sui territori occupati. Berlino prova a rilanciare il negoziato con una forza multinazionale a guida europea, ma il nodo Donbass resta irrisolto.

Guerra Russia-Ucraina, Mosca dice no a tregua di Natale e truppe Nato: “puntiamo alla pace”.

Mosca torna a scandire pubblicamente i confini entro cui è disposta a muoversi nei contatti diplomatici che, nelle ultime ore, l’Occidente descrive come i più intensi dall’inizio dell’invasione su vasta scala. Il messaggio è duplice: nessuna apertura sulla presenza militare di Paesi Nato sul territorio ucraino e nessuna disponibilità a una tregua natalizia che, secondo la narrativa del Cremlino, finirebbe per “congelare” il conflitto e dare a Kiev il tempo per riorganizzarsi. In parallelo, la diplomazia europea prova a trasformare i negoziati in un’architettura di garanzie di sicurezza “a guida Ue”, mentre Washington continua a spingere su una bozza di accordo che resta bloccata sul nodo più esplosivo: le concessioni territoriali, in particolare nel Donbass.

Il “no” di Mosca: truppe Nato inaccettabili anche come garanzia post-bellica

A rendere ancora più rigida la posizione russa è stato il vice ministro degli Esteri Sergey Ryabkov, che in un’intervista ha escluso che Mosca possa accettare militari dei Paesi Nato in Ucraina “in qualsiasi forma”, anche se inseriti in dispositivi di garanzia o in una coalizione internazionale separata dall’Alleanza atlantica. La linea è coerente con l’obiettivo strategico dichiarato dal Cremlino fin dall’inizio della guerra: impedire che l’Ucraina diventi un avamposto militare occidentale sul fianco orientale dell’Europa.

La rigidità, tuttavia, non equivale a un rifiuto dei negoziati in quanto tali. Ryabkov ha definito le parti “sull’orlo” di una soluzione diplomatica, ma vincolandola a condizioni che Kiev continua a giudicare irricevibili: piena esclusione di forze Nato dal territorio ucraino e capitoli territoriali blindati.

“Pace, non pausa”: perché il Cremlino respinge la tregua di Natale

Il portavoce Dmitry Peskov ha respinto l’ipotesi di una tregua natalizia con un argomento politico-militare: un cessate il fuoco a tempo determinato sarebbe, nella visione russa, un “respiro” concesso a Kiev per prepararsi a riprendere le ostilità. L’insistenza su “pace” e “obiettivi” segnala la volontà di Mosca di mantenere il baricentro negoziale su un accordo complessivo e duraturo, non su misure transitorie che ridurrebbero la pressione sul fronte e sul piano interno. Nello stesso quadro, Peskov ha evitato di commentare nel merito le proposte europee sulle garanzie di sicurezza, sostenendo di non aver ancora visto un testo ufficiale.

Berlino e la risposta europea: verso una forza multinazionale “a guida Ue” con sostegno Usa

Sul fronte opposto, il vertice di Berlino ha prodotto una dichiarazione politica che prova a saldare il sostegno europeo a Kiev con l’impostazione americana dei colloqui: garanzie di sicurezza robuste, ricostruzione e un meccanismo di monitoraggio del cessate il fuoco. Il punto più rilevante è l’impegno a costituire una “forza multinazionale” a guida europea, sostenuta dagli Stati Uniti, con compiti che andrebbero dalla rigenerazione delle forze ucraine alla protezione dello spazio aereo e alla sicurezza marittima, includendo la possibilità di operare anche “all’interno” dell’Ucraina. In questa cornice, gli Usa avrebbero un ruolo centrale nel monitoraggio e nella verifica dell’eventuale cessate il fuoco.

Il disegno europeo mira a un equilibrio complesso: offrire a Kiev garanzie sufficienti a rendere credibile un accordo, senza trasformare la presenza occidentale in un casus belli permanente. Ed è qui che la linea russa si fa dirimente: per Mosca, anche una forza “a guida Ue” rischia di essere una Nato “di fatto”, e dunque inaccettabile.

Il nodo Donbass: l’intesa avanza sulle garanzie, si blocca sui confini

Le indiscrezioni emerse a margine dei colloqui indicano un riavvicinamento significativo tra Stati Uniti e Ucraina su un pacchetto di garanzie, tanto da spingere fonti americane a parlare di un’intesa al 90%” su molte questioni operative, ma la percentuale si scontra con ciò che pesa davvero: il territorio. Secondo quanto riportato da Axios, la proposta americana includerebbe un ritiro ucraino da porzioni del Donbass per creare una zona demilitarizzata, descritta anche come “free economic zone”, con l’obiettivo di costruire un testo presentabile a Mosca. Zelensky continua, però, a ribadire che non esiste consenso su questo capitolo e che Kiev non intende riconoscere quelle aree come russe.

Per Kiev, cedere significherebbe rischiare di trasformare un “accordo” in una pausa che legittima l’aggressione; per Mosca, arretrare sulle annessioni proclamate sarebbe una sconfitta narrativa e strategica.

“Miami nel weekend”: la diplomazia si sposta negli Stati Uniti

Il segnale che la trattativa non si ferma è la prospettiva di un nuovo round tecnico negli Stati Uniti già nel fine settimana, con gruppi di lavoro e militari impegnati a “guardare le mappe”: un dettaglio che racconta quanto il negoziato stia entrando nella fase più concreta, quella in cui le formule politiche devono tradursi in linee, corridoi, verifiche e garanzie. La località ipotizzata è Miami, secondo fonti citate da Axios e rilanciate da media ucraini.

L’Aia e il capitolo risarcimenti: nasce la commissione internazionale sui danni di guerra

Accanto alla diplomazia del cessate il fuoco, avanza anche un altro piano: quello della responsabilità economica e dei danni di guerra. A L’Aia è stata adottata la convenzione che istituisce una commissione internazionale per esaminare e valutare le richieste di risarcimento legate all’aggressione russa, costruita sul lavoro del Registro dei danni avviato nel 2023 e già alimentato da decine di migliaia di segnalazioni. Il percorso è incardinato sotto l’egida del Consiglio d’Europa ed è pensato come secondo pilastro di un meccanismo più ampio che potrebbe includere, in prospettiva, anche un fondo.

È un passaggio che pesa anche sul tavolo politico: la questione degli asset russi congelati e del loro possibile utilizzo per la ricostruzione resta uno dei punti più delicati per l’Europa, tra prudenza legale, rischi finanziari e timori di escalation diplomatica.

La partita vera: garanzie credibili senza “esportare” la guerra nel dopoguerra

L’equazione che si sta tentando di risolvere è spietata. L’Europa cerca di costruire una deterrenza che renda impossibile una nuova aggressione, ma senza imporre a Mosca l’immagine di una sconfitta totale che la spinga a sabotare l’intesa. Gli Stati Uniti puntano a chiudere il dossier con un accordo vendibile e verificabile, ma devono fare i conti con la linea rossa ucraina sui territori. La Russia, infine, alza l’asticella: niente Nato, niente concessioni, niente pause. Nel mezzo, l’urgenza politica del “prima di Natale” si scontra con la realtà: la pace non è solo una firma, è un sistema di garanzie, limiti e controlli che deve reggere quando l’attenzione internazionale inevitabilmente calerà.

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