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Gran Bretagna travolta dalla “super influenza”: ricoveri record e ospedali sotto pressione.

Il Regno Unito affronta un’ondata influenzale senza precedenti, trainata dal sottoclade K del virus A/H3N2. Ricoveri in aumento, scuole in difficoltà e Nhs vicino al collasso mentre le autorità invitano alla vaccinazione e alla responsabilità individuale.

Gran Bretagna travolta dalla “super influenza”: ricoveri record e ospedali sotto pressione.

Nel Regno Unito sta montando, settimana dopo settimana, un’ondata influenzale che ha già superato i livelli considerati “normali” per questo periodo dell’anno. I numeri parlano da soli: in Inghilterra la scorsa settimana sono stati ricoverati in ospedale in media 2.660 pazienti al giorno con diagnosi di influenza, contro i 1.717 della settimana precedente. Un aumento di circa il 55% in soli sette giorni, che equivale – come sottolinea l’Nhs England – ad avere “tre ospedali pieni solo di pazienti influenzali”. È il dato più alto mai registrato in questa fase della stagione invernale da quando esistono le statistiche. E ciò che preoccupa maggiormente gli esperti è che il picco stagionale non è ancora stato raggiunto: il margine di crescita dell’epidemia è ancora ampio.

La sfida più seria dalla pandemia di Covid

La definizione scelta dal ministro della Salute britannico Wes Streeting non lascia spazio a dubbi: la “super influenza” rappresenta la sfida più difficile affrontata dal sistema sanitario pubblico dalla pandemia di Covid del 2020. In un intervento sul “Times”, Streeting ha avvertito che il Servizio sanitario nazionale (Nhs) si trova in una condizione “incredibilmente precaria” e che un ulteriore fattore di tensione, come lo sciopero dei medici specializzandi previsto dal 17 dicembre per cinque giorni, potrebbe essere “il pezzo di Jenga” in grado di far crollare l’intera torre. L’immagine è volutamente drastica: come nel gioco da tavolo, basta togliere il tassello sbagliato perché la struttura, già traballante, ceda di colpo. Da qui l’appello diretto del ministro ai giovani medici affinché accettino la nuova offerta contrattuale e sospendano la mobilitazione, proprio mentre la pressione dei ricoveri influenzali continua a crescere.

Il profilo del virus K: il sottoclade “super influenza”

Al centro di questa ondata c’è un ceppo influenzale particolare: il virus A/H3N2 J.2.4.1, noto anche come sottoclade K e ribattezzato dai media “super influenza”. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, questo virus è in “rapido aumento” dall’agosto 2025 ed è stato identificato in diversi Paesi grazie alle analisi di sequenziamento genetico. I tecnici dell’Oms sottolineano che i virus del sottoclade K presentano differenze genetiche rilevanti rispetto ai più noti ceppi A H3N2 circolati negli anni precedenti. Si tratta di una normale evoluzione dei virus influenzali, che cambiano continuamente nel tempo, ma in questo caso le mutazioni accumulate sembrano conferire al virus una maggiore capacità di diffondersi rapidamente nella popolazione. La buona notizia, almeno finora, è che i dati epidemiologici non indicano un aumento della gravità clinica: la malattia non appare più severa rispetto alla consueta influenza stagionale, pur essendo più contagiosa e capace di colpire un numero maggiore di persone in tempi più brevi.

Bambini e adolescenti in prima linea nei contagi

Uno degli aspetti più allarmanti dell’attuale ondata britannica è la fascia di età maggiormente colpita. I dati raccolti in Inghilterra mostrano un impatto particolarmente marcato tra bambini e ragazzi tra i 5 e i 14 anni, in un Paese dove il vaccino antinfluenzale gratuito è prioritariamente riservato alle persone anziane e più fragili. Le scuole, come spesso accade per i virus respiratori, si confermano un motore di trasmissione: classi affollate, contatti ravvicinati, scarso ricorso alle mascherine e livelli di vaccinazione bassi tra i più giovani creano un terreno ideale per la circolazione del virus. Proprio per questo le autorità sanitarie britanniche insistono sulla necessità di non sottovalutare anche sintomi considerati “banali” nei bambini, perché ogni contagio in più nella fascia scolare può innescare una catena che arriva in breve tempo alle famiglie e, soprattutto, agli anziani.

Scuole tra igienizzazione e chiusure mirate

La pressione dell’influenza si riflette in modo evidente sul mondo dell’istruzione. Alcuni istituti hanno ripescato misure che sembravano ormai appartenere al passato pandemico. A Leeds sono state reintrodotte postazioni per l’igienizzazione delle mani in punti chiave degli edifici scolastici, nel tentativo di limitare la diffusione del virus tra studenti e personale. In Galles, a Caerphilly, una scuola è stata costretta a chiudere temporaneamente per il numero elevato di assenze dovute a malattia. Il Dipartimento per l’Istruzione ha ribadito che la chiusura delle scuole dovrebbe rimanere una soluzione “solo in circostanze estreme”, consapevole dell’impatto che la didattica interrotta ha avuto, e potrebbe avere ancora, su apprendimento, socialità e benessere dei ragazzi.

Londra, l’epicentro di una crisi annunciata

La capitale britannica è una delle aree più colpite da questa ondata influenzale. Chris Streather, responsabile del servizio sanitario di Londra, parla di un’incidenza “senza precedenti”, pur precisando che la situazione non è paragonabile all’esplosione pandemica del 2020. La memoria di quei mesi resta però vivissima: a Londra, il ritardo nell’introdurre il lockdown contribuì alla morte di migliaia di persone nel giro di poche settimane. È anche alla luce di quell’esperienza che oggi i sanitari londinesi lanciano appelli molto chiari: in presenza di sintomi simil-influenzali – tosse, febbre, raffreddore, malessere generale – la raccomandazione è di restare a casa, evitare i mezzi pubblici e rinunciare, se necessario, alle feste e agli incontri natalizi. L’invito di Streather è esplicito: rinunciare a un party in caso di tosse o starnuti è un gesto di responsabilità, non solo verso i più fragili, ma anche verso un sistema sanitario già al limite.

Nhs sotto pressione: corsie piene e scioperi alle porte

Se da un lato gli ospedali inglesi affrontano un numero record di ricoveri per influenza, dall’altro incombe la minaccia di uno sciopero di cinque giorni dei medici specializzandi, proprio nel momento in cui l’epidemia rischia di toccare il suo picco. Secondo i dati dell’Nhs, il livello attuale di occupazione dei posti letto influenzali è già “da scenario peggiore”, quello che solitamente ci si aspetterebbe in pieno inverno, non nelle settimane precedenti al Natale. Il personale lavora a pieno regime, spesso 24 ore su 24, per garantire cure e continuità dei servizi. In questo contesto, qualsiasi riduzione del personale medico potrebbe trasformare una situazione critica in una vera emergenza. È la combinazione tra epidemia e tensioni sindacali a far parlare di “rischio collasso” del sistema.

Vaccino antinfluenzale: protezione confermata contro i casi gravi

In mezzo a questo scenario complesso, il vaccino antinfluenzale rimane il principale alleato per contenere i danni. L’Oms, sulla base delle prime stime, sottolinea che i vaccini stagionali continuano a offrire una buona protezione contro il rischio di ricovero, sia nei bambini sia negli adulti, anche se l’efficacia nel prevenire la malattia clinica – cioè l’influenza con sintomi – in questa stagione è ancora oggetto di valutazione. È un punto cruciale: prevenire ogni raffreddore o ogni febbre è impossibile, ma ridurre significativamente le forme gravi e le complicanze che portano al ricovero resta un obiettivo raggiungibile, proprio grazie alla vaccinazione. Non a caso, Chris Streather ricorda che in questa stagione sono già state vaccinate oltre 1,8 milioni di persone, ma insiste sul fatto che molte persone vulnerabili non hanno ancora ricevuto il vaccino e le invita a “farsi avanti il prima possibile”. Il messaggio è semplice: non è mai troppo tardi per proteggersi, soprattutto se si appartiene a categorie fragili o si lavora a contatto con il pubblico.

Una variante che sfugge (parzialmente) all’immunità pregressa

A complicare ulteriormente lo scenario c’è il tema dell’“immune escape”, la capacità del virus di aggirare almeno in parte le difese immunitarie costruite da infezioni o vaccinazioni passate. L’infettivologo Matteo Bassetti, direttore del DIAR malattie infettive in Liguria, sottolinea che il sottoclade K dell’H3N2 tende a sfuggire alla protezione garantita dai ceppi circolati in anni precedenti. In altre parole, chi è stato vaccinato o ha avuto l’influenza H3N2 lo scorso anno non è automaticamente protetto contro questa nuova variante. A conferma della pericolosità del virus, Bassetti racconta di quattro casi gravi ricoverati nel suo reparto, tutti pazienti non vaccinati: due ventenni con pericardite e miocardite e due ultraottantenni con polmonite. L’influenza, ricorda l’infettivologo, è tutto fuorché banale: ha un tropismo per molti organi, dal cuore al cervello, dal fegato ai polmoni, e può determinare conseguenze importanti anche in persone giovani e sane.

Italia vigile, ma senza allarme: il quadro della stagione 2025–2026

Se Oltremanica gli ospedali sono già al limite, in Italia la situazione, per ora, resta sotto controllo. Secondo l’ultimo bollettino della sorveglianza RespiVirNet relativo alla settimana 24–30 novembre 2025, l’incidenza nazionale delle infezioni respiratorie acute è pari a 10,4 casi ogni mille assistiti: un livello significativo, ma lontano dalla pressione osservata nel Regno Unito. Non si registrano, al momento, ondate di ricoveri paragonabili a quelle inglesi, anche se i sanitari invitano a non abbassare la guardia. Le raccomandazioni sono le stesse: vaccinarsi, soprattutto se si è anziani, affetti da patologie croniche o immunodepressi, e adottare comportamenti di buon senso – restare a casa in caso di febbre, arieggiare gli ambienti, lavare spesso le mani, valutare l’uso della mascherina in luoghi affollati.

Le lezioni del caso britannico: tra prevenzione e responsabilità collettiva

L’esperienza che il Regno Unito sta vivendo in queste settimane offre diverse lezioni anche agli altri Paesi europei. La prima riguarda la prevenzione: in presenza di un virus più contagioso, la soglia di copertura vaccinale necessaria per evitare il sovraccarico degli ospedali deve essere più alta. Non basta proteggere solo gli anziani, se le scuole diventano enormi amplificatori del contagio. La seconda riguarda i comportamenti individuali: restare a casa con la febbre, rinunciare a una serata quando si hanno sintomi respiratori, indossare una mascherina sui mezzi pubblici nei momenti di picco non sono più gesti straordinari, ma forme di responsabilità collettiva.

Infine, occorre ridimensionare, senza minimizzarla, la definizione di “super influenza”. Non si tratta di un nuovo “mostro” paragonabile al Covid-19, ma dell’evoluzione di virus influenzali stagionali che hanno trovato uno spazio favorevole per diffondersi: un mix di mutazioni genetiche, calo dell’immunità nella popolazione, coperture vaccinali incomplete e comportamenti sociali tornati a una piena normalità. In questo contesto, la combinazione di vaccino, sorveglianza epidemiologica, comunicazione chiara e responsabilità individuale resta l’arma più efficace per evitare che la prossima ondata, che si chiami o meno “super influenza”, metta davvero in ginocchio i sistemi sanitari europei.

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