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Gaza, ripartono gli aiuti dopo l’ultimatum USA a Netanyahu: “Se non fermate la guerra, vi abbandoneremo”.

Dopo quasi tre mesi di blocco totale, cinque camion Onu con cibo e medicinali entrano nella Striscia, mentre infuria l'offensiva a sud. La comunità internazionale chiede la fine delle operazioni militari.

Gaza, ripartono gli aiuti dopo l’ultimatum USA a Netanyahu: “Se non fermate la guerra, vi abbandoneremo”.

Dopo quasi tre mesi di blocco totale, cinque camion Onu con cibo e medicinali entrano nella Striscia, mentre infuria l’offensiva a sud. La comunità internazionale chiede la fine delle operazioni militari.

Per la prima volta dopo quasi tre mesi di blocco totale, una manciata di camion carichi di aiuti umanitari ha attraversato il valico di Kerem Shalom, segnando una svolta nella drammatica crisi umanitaria che attanaglia la Striscia di Gaza. L’ingresso di cinque veicoli delle Nazioni Unite, con a bordo cibo e alimenti per bambini, è avvenuto lunedì, a seguito di una decisione del premier israeliano Benyamin Netanyahu, arrivata dopo intense pressioni da parte degli Stati Uniti e in un clima di crescente isolamento internazionale.

L’ultimatum americano

Secondo un’inchiesta del Washington Post, la mossa di Netanyahu è stata innescata da un vero e proprio ultimatum dell’amministrazione Trump: “Se non ponete fine alla guerra, vi abbandoneremo”. È la prima volta dall’inizio del conflitto che Washington fa trapelare in modo così esplicito la possibilità di ritirare il proprio sostegno, finora pressoché incondizionato.

Fonti citate dal quotidiano della capitale statunitense confermano che negli ultimi giorni il pressing della Casa Bianca si è intensificato. Domenica, per la prima volta, Netanyahu ha ammesso pubblicamente che i colloqui in corso a Doha toccano anche il tema della “fine dei combattimenti”. La portavoce della Casa Bianca, Caroline Leavitt, ha ribadito la posizione americana: “Il presidente Trump vuole che la guerra a Gaza finisca. E ha chiarito ad Hamas che tutti gli ostaggi devono essere rilasciati”.

A rafforzare il messaggio è stato il consigliere Steve Witkoff, emissario della Casa Bianca, che ha avuto lunghi colloqui telefonici con Netanyahu prima che il premier annunciasse la riapertura del valico. Una decisione presa senza passare per il voto del governo, evitando un possibile veto dell’ala più a destra della coalizione.

Netanyahu: “No alla carestia, ma la guerra continua”

In un video pubblicato sui social, Netanyahu ha motivato la sua scelta con la necessità di evitare “immagini di fame di massa”. “La pressione internazionale si stava avvicinando a una linea rossa”, ha ammesso. “I nostri amici più stretti ci hanno detto chiaramente che non potrebbero più sostenerci se dovessero vedere scene di carestia a Gaza”.

Tuttavia, il premier ha anche confermato la prosecuzione dell’operazione militare “Carri di Gedeone”, incentrata su Khan Younis, Bani Suheila e Abasan, nel sud della Striscia, dichiarate zone di guerra. L’esercito israeliano ha ordinato ai civili di evacuare urgentemente verso al-Mawasi, mentre centinaia di residenti sono già in fuga, come documentano numerosi video diffusi online.

Secondo i piani delle forze armate israeliane, l’operazione prevede non solo azioni militari, ma anche lo sfollamento massiccio della popolazione per separarla fisicamente da Hamas e rendere inattuabile qualsiasi forma di controllo da parte dell’organizzazione. “È solo l’inizio”, hanno riferito fonti militari.

La protesta nella Striscia: “Vogliamo vivere”

Parallelamente, in un contesto di distruzione e paura, crescono anche i segnali di dissenso interno nella Striscia. Centinaia di persone hanno manifestato lunedì a Khan Younis contro Hamas e contro la guerra. “Fermate la guerra e gli sfollamenti”, urlano nei video trasmessi da al Arabiya, mentre attraversano tende e macerie. Le proteste fanno seguito ad altre manifestazioni represse duramente da Hamas nelle scorse settimane, con almeno due manifestanti uccisi.

Emergenza umanitaria: “Due milioni di persone muoiono di fame”

L’allarme umanitario è stato rilanciato con toni drammatici dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha dichiarato durante l’Assemblea mondiale della sanità che “due milioni di persone stanno morendo di fame a Gaza”. Bloccate ai valichi ci sono 116mila tonnellate di aiuti alimentari, a pochi chilometri da una popolazione allo stremo.

“L’aumento delle ostilità, gli ordini di evacuazione, la riduzione dello spazio umanitario e il blocco degli aiuti stanno provocando un afflusso di vittime in un sistema sanitario già al collasso”, ha spiegato Ghebreyesus. “Chiediamo a Israele di consentire immediatamente l’ingresso di cibo e medicine e l’evacuazione dei pazienti. L’Oms è pronta a intervenire”.

La comunità internazionale si mobilita

La timida riapertura dei valichi non ha placato le critiche della comunità internazionale. Ventidue Paesi, tra cui Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Canada, Australia e Giappone, hanno firmato una dichiarazione in cui chiedono a Israele la “ripresa immediata di tutti gli aiuti” nella Striscia, sottolineando che questi devono essere gestiti dalle Nazioni Unite e dalle Ong, e non da soggetti privati come previsto dal nuovo modello concordato tra Tel Aviv e Washington.

“La distribuzione attraverso enti privati mette in pericolo i beneficiari e gli operatori umanitari e lega gli aiuti a obiettivi politici e militari”, si legge nella nota firmata anche dall’Unione europea. Gran Bretagna, Francia e Canada hanno avvertito che potrebbero adottare misure concrete contro Israele se non cesseranno immediatamente le operazioni militari.

Gaza, tra aiuti e isolamento

La ripresa degli aiuti a Gaza è un primo passo, ma resta incerta la strada verso una soluzione duratura. La popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto in una guerra che appare sempre più fuori controllo. Israele è stretto tra le pressioni dei suoi alleati occidentali e la rigidità della sua maggioranza interna. E gli Stati Uniti, per la prima volta, mettono in discussione il proprio ruolo storico di scudo diplomatico. Se la crisi umanitaria dovesse aggravarsi ulteriormente, il rischio è quello di un isolamento politico senza precedenti per il governo israeliano.

Gaza, ripartono gli aiuti dopo l’ultimatum USA a Netanyahu: "Se non fermate la guerra, vi abbandoneremo".

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