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Discorso natalizio alla Nazione, Trump promette un boom economico: “l’America è tornata”.

Dal caro vita ai dazi, fino al bonus ai militari: il presidente attacca Biden, rivendica i primi risultati del secondo mandato e promette un boom economico senza precedenti.

Discorso natalizio alla Nazione, Trump promette un boom economico: “l’America è tornata”.

Dalla Diplomatic Reception Room della Casa Bianca addobbata per le festività natalizie, Donald Trump si è rivolto agli americani con un intervento di poco meno di venti minuti, costruito attorno a un messaggio centrale: il Paese, a suo dire, sarebbe uscito dal “disastro” lasciato dall’amministrazione Biden e si starebbe avviando verso un nuovo boom economico. Un discorso dai toni duri, nel quale il presidente ha concentrato l’attenzione quasi esclusivamente su politica interna ed economia, lasciando sullo sfondo la politica estera, liquidata con pochi accenni.

L’eredità di Biden e la narrazione del “Paese fallito”

Trump ha aperto il suo messaggio accusando frontalmente il predecessore democratico di aver consegnato alla nuova amministrazione un Paese “morto e fallito”. Secondo il presidente, gli Stati Uniti sarebbero stati governati per anni da élite politiche più attente a interessi esterni che ai cittadini americani, favorendo immigrati illegali, grandi lobby e governi stranieri. Una narrazione che ricalca fedelmente i temi portanti del trumpismo e che punta a rafforzare l’idea di una netta cesura tra il prima e il dopo il suo ritorno alla Casa Bianca.

Economia e caro vita al centro dell’intervento

Il cuore del discorso è stato dedicato alla situazione economica, tema particolarmente sensibile per un elettorato alle prese con un’inflazione ancora superiore al target della Federal Reserve e con un mercato del lavoro che mostra segnali di rallentamento. Trump ha ammesso implicitamente le difficoltà, ma le ha attribuite interamente alle politiche di Biden, sostenendo che la sua amministrazione stia già “sistemando le cose”. Ha parlato di prezzi in calo, di salari che crescerebbero più rapidamente dell’inflazione e di una ripresa ormai avviata, nonostante i dati ufficiali indichino una disoccupazione salita al 4,6% a novembre, il livello più alto dal 2021.

Dazi e investimenti: “La mia parola preferita”

Ampio spazio è stato riservato alla politica commerciale, con Trump che ha ribadito la centralità dei dazi, definiti ancora una volta “la mia parola preferita”. Secondo il presidente, proprio le tariffe avrebbero spinto aziende e capitali a investire negli Stati Uniti, generando annunci di investimenti per una cifra colossale: 18.000 miliardi di dollari. Numeri che Trump presenta come prova tangibile del successo della sua strategia protezionistica, nonostante le critiche di molti economisti che continuano a segnalare l’impatto dei dazi sui prezzi al consumo.

Federal Reserve e tassi di interesse: l’annuncio in arrivo

Nel tentativo di rassicurare famiglie e imprese, Trump ha anticipato che presto annuncerà il nome del nuovo presidente della Federal Reserve, una figura che, ha garantito, crede fermamente in tassi di interesse bassi. Un messaggio diretto ai mercati e all’elettorato, in un momento in cui il costo del denaro e i mutui restano uno dei principali fattori di preoccupazione per la classe media americana.

Immigrazione e sicurezza: la retorica dell’invasione

Sul fronte interno, il presidente ha insistito molto anche sul tema dell’immigrazione, parlando di una vera e propria “invasione” avvenuta durante l’era Biden. Trump ha rivendicato di aver reso il confine “il più sicuro della storia” e di aver avviato un processo di “migrazione inversa”, sostenendo che gli immigrati illegali avrebbero sottratto posti di lavoro, aggravato la crisi abitativa e sovraccaricato i servizi pubblici. Una linea dura che continua a rappresentare uno dei pilastri del suo consenso politico.

Pochi cenni alla politica estera e la rivendicazione della pace

La politica internazionale è rimasta sullo sfondo, ma non è mancata l’autocelebrazione. Trump ha affermato di aver messo fine a otto conflitti e di aver portato la pace a Gaza, parlando addirittura di “pace in Medio Oriente per la prima volta in 3.000 anni”. Un’affermazione che ha fatto discutere, anche per l’assenza di qualsiasi riferimento ad altri scenari chiave come l’Ucraina o il Venezuela.

Il “warrior dividend”: il bonus ai militari

Uno degli annunci più concreti del discorso è stato quello del cosiddetto “warrior dividend”. Trump ha comunicato che circa 1,45 milioni di militari riceveranno un assegno da 1.776 dollari, cifra simbolica che richiama l’anno della Dichiarazione d’Indipendenza americana. Gli assegni, ha assicurato, sono già stati spediti e arriveranno prima di Natale. Un gesto pensato per rafforzare il legame con le forze armate e per offrire un segnale immediato in un contesto di crescente malcontento per il costo della vita.

Verso il 2026, tra promesse e incognite

Guardando al futuro, Trump ha promesso che i risultati più evidenti delle sue politiche arriveranno nel 2026, con nuovi tagli fiscali, una riforma del mercato immobiliare e costi più bassi per assicurazioni e sanità. Il presidente ha parlato di un “boom economico senza precedenti”, cercando di infondere fiducia in un’opinione pubblica ancora divisa e scettica.

Il discorso si è chiuso con un messaggio fortemente simbolico: “America is back”. Secondo Trump, gli Stati Uniti torneranno ad essere rispettati e temuti sulla scena globale. Parole che riassumono perfettamente il senso politico dell’intervento: rafforzare la narrazione di una rinascita americana legata indissolubilmente alla sua leadership, in vista delle sfide economiche e politiche che attendono il Paese nei prossimi mesi.

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