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Dazi Trump, la Corte d’Appello blocca lo stop: tariffe ancora in vigore. Ira del tycoon contro i giudici.

La sentenza della US Court of International Trade che dichiarava illegittime le tariffe è stata sospesa: si apre una lunga battaglia legale. Trump denuncia una "decisione politica" e promette ricorso alla Corte Suprema.

Dazi Trump, la Corte d’Appello blocca lo stop: tariffe ancora in vigore. Ira del tycoon contro i giudici.

La sentenza della US Court of International Trade che dichiarava illegittime le tariffe è stata sospesa: si apre una lunga battaglia legale. Trump denuncia una “decisione politica” e promette ricorso alla Corte Suprema.

I dazi imposti dal presidente americano Donald Trump rimarranno per ora in vigore. Lo ha stabilito la Corte d’Appello federale, che ha accolto la richiesta dell’amministrazione di sospendere temporaneamente la sentenza della US Court of International Trade, la quale aveva dichiarato illegittimi i provvedimenti tariffari varati dal tycoon in nome dell’emergenza nazionale.

Il verdetto d’Appello, arrivato a meno di 24 ore dalla decisione del tribunale di New York, riapre una contesa legale destinata con ogni probabilità a finire davanti alla Corte Suprema. Nel frattempo, il clima politico si fa rovente: Trump parla apertamente di “complotto giudiziario” e accusa i giudici di voler sabotare la sua presidenza e le fondamenta economiche della sua agenda “America First”.

La sentenza della US Court of International Trade: Trump “oltre i limiti del suo potere”

L’innesco della crisi legale è stato il pronunciamento della US Court of International Trade (CIT), con sede a New York, che ha stabilito che Trump ha ecceduto le proprie prerogative costituzionali nell’imporre una serie di dazi fino al 30% su importazioni provenienti da Cina, Messico e Canada, giustificandoli attraverso l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA), una legge del 1977 mai utilizzata prima a fini tariffari.

Secondo i tre giudici della CIT — Jane Restani, Gary Katzmann e Timothy Reif, quest’ultimo nominato dallo stesso Trump — il presidente “non ha l’autorità legale” per adottare misure doganali così estese in assenza di una deliberazione del Congresso. Di conseguenza, avevano ordinato un’ingiunzione permanente per fermare l’applicazione delle tariffe, concedendo dieci giorni all’amministrazione per adeguarsi.

La decisione riguardava buona parte delle misure tariffarie: il 30% sulle merci cinesi, il 25% su quelle da Messico e Canada e il 10% su un’ampia gamma di beni importati negli Stati Uniti. Restavano esclusi solo i dazi su acciaio, alluminio e componenti auto, giustificati dal Trade Expansion Act (Section 232) e motivati da ragioni di sicurezza nazionale.

Il ricorso della Casa Bianca

La reazione dell’amministrazione è stata immediata e durissima. La portavoce Karoline Leavitt ha definito la sentenza della CIT “palesemente sbagliata” e ha annunciato un ricorso d’urgenza alla Corte d’Appello, paventando l’intervento della Corte Suprema qualora la sospensione non fosse arrivata in tempi brevi.

Poche ore dopo, è arrivata la risposta della Corte d’Appello federale, che ha congelato la sentenza del tribunale del commercio in attesa dell’esame approfondito del fascicolo. “La decisione è sospesa fino a nuovo avviso mentre la corte esamina i documenti delle istanze”, si legge nell’ordinanza, che di fatto permette ai dazi di restare temporaneamente in vigore.

Trump attacca i giudici: “Sentenza politica, stanno sabotando l’America”

Furioso, il presidente Trump ha affidato a Truth Social il suo sfogo contro la magistratura federale. “La sentenza è politica, dettata dall’odio verso Trump”, ha scritto. “Da dove vengono questi giudici? Come possono arrecare un danno così grande al nostro Paese? Vogliono distruggere la nostra nazione e sabotare la nostra sovranità economica.”

Nel suo lungo post, il tycoon ha accusato la CIT di aver preso “una delle decisioni finanziarie più dannose nella storia degli Stati Uniti”, paventando perdite per migliaia di miliardi di dollari e la paralisi del piano economico fondato sui dazi. “Il presidente ha il dovere di proteggere l’economia nazionale. Non possiamo permettere che truffatori dietro le quinte decidano al posto nostro”, ha concluso.

Scenari futuri: l’incertezza dei mercati e il peso della Corte Suprema

La vicenda ha acceso i riflettori su una profonda frattura istituzionale e ha riaperto un dibattito mai sopito sui poteri presidenziali in ambito commerciale. Mentre i mercati finanziari oscillano in preda all’incertezza e i partner commerciali osservano con cautela, la possibilità che la controversia arrivi davanti alla Corte Suprema sembra sempre più concreta.

Il rischio, secondo analisti e osservatori, è che la battaglia legale finisca per trasformarsi in un test cruciale sulla separazione dei poteri e sulla legittimità dell’uso politico delle tariffe come strumento di politica estera ed economica.

Per ora, Trump può tirare un sospiro di sollievo. Ma la guerra sui dazi è tutt’altro che finita.

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