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Crisi in Medio Oriente: la Cina non approva il piano di Trump su Gaza, Hamas avverte su nuovi raid

La Cina respinge il piano di Trump su Gaza e chiede un cessate il fuoco globale. Gli USA minacciano Hamas: "Liberate gli ostaggi o sarà l’inferno". Intanto, Israele intensifica i raid.

Crisi in Medio Oriente: la Cina non approva il piano di Trump su Gaza, Hamas avverte su nuovi raid

La crisi in Medio Oriente continua a infiammare il dibattito internazionale. Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha espresso una forte opposizione alla proposta del presidente statunitense Donald Trump di cambiare lo status della Striscia di Gaza con la forza, affermando che ciò porterebbe solo ulteriore caos nella regione. “Gaza appartiene ai palestinesi: cambiare il suo status con la forza non porterà la pace ma solo nuovo caos” ha dichiarato Wang, sottolineando la necessità di una soluzione basata sul principio dei due Stati e di un cessate il fuoco globale e duraturo.

La Cina ha ribadito il suo sostegno al piano promosso da Egitto e altri Paesi arabi, che prevede la gestione di Gaza da parte dei palestinesi, senza interferenze esterne che possano stravolgere l’equilibrio demografico e politico della regione. L’idea di Trump di trasformare Gaza in una sorta di “Riviera del Medio Oriente”, con l’allontanamento forzato dei gazawi, è stata duramente criticata da Pechino, che ritiene questa soluzione irrealistica e destabilizzante.

La Cina insiste su una tregua e il rispetto della sovranità palestinese

La posizione cinese sulla crisi è chiara: Pechino sostiene un cessate il fuoco immediato e l’aumento degli aiuti umanitari per la popolazione di Gaza. Il ministro Wang Yi ha ribadito che “senza pace in Medio Oriente non ci può essere stabilità nel mondo”, chiedendo alle grandi potenze di impegnarsi per una soluzione diplomatica equa e duratura.

La Cina si è schierata apertamente con i paesi arabi e con l’ONU nel ribadire la necessità di una soluzione a due Stati, con il riconoscimento dei diritti palestinesi e il rispetto del diritto internazionale. In questo contesto, Pechino continua a opporsi a qualsiasi tentativo di ridisegnare i confini di Gaza attraverso l’uso della forza, come invece ipotizzato dall’amministrazione Trump.

Pressione USA su Hamas: “Liberate gli ostaggi o sarà l’inferno”

Intanto, gli Stati Uniti hanno lanciato un nuovo ultimatum ad Hamas. Trump ha dichiarato che il gruppo militante deve liberare immediatamente tutti gli ostaggi israeliani ancora vivi e restituire i cadaveri di quelli uccisi, altrimenti “ci sarà l’inferno da pagare”. Le dichiarazioni del presidente americano segnano un’escalation nella retorica della crisi, aumentando la pressione su Hamas per accettare un accordo negoziato.

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno proposto un compromesso per tentare di sbloccare la situazione: Hamas dovrebbe rilasciare dieci ostaggi israeliani in cambio di un cessate il fuoco di 60 giorni. Il piano prevede anche il ripristino dell’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza e l’apertura di negoziati per una soluzione politica duratura. Secondo fonti palestinesi, Hamas starebbe ancora valutando la risposta a questa proposta.

Hamas avverte: “I nuovi raid israeliani mettono in pericolo gli ostaggi”

Parallelamente, Hamas ha avvertito che ogni nuovo attacco israeliano potrebbe mettere a rischio la vita degli ostaggi ancora presenti nella Striscia di Gaza. Secondo i media internazionali, infatti, si stima che 24 israeliani rapiti il 7 ottobre 2023 siano ancora vivi, mentre 35 sarebbero già deceduti. La minaccia arriva in un momento cruciale, con i negoziati sulla tregua in stallo e il rischio di un’ulteriore escalation militare.

L’esercito israeliano ha intensificato le operazioni contro Hamas, giustificandole come una necessità per garantire la sicurezza del paese e prevenire nuovi attacchi. Tuttavia, questa strategia potrebbe compromettere gli sforzi diplomatici in corso per il rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco duraturo.

L’instabilità politica in Israele e le tensioni interne

Nel frattempo, in Israele si registrano tensioni anche all’interno dell’apparato militare e politico. Il portavoce capo delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), Daniel Hagari, lascerà il suo incarico nelle prossime settimane. Sebbene il suo congedo sia stato presentato come una decisione “concordata”, molti lo interpretano come un licenziamento di fatto, dovuto ai suoi contrasti con il ministro della Difesa Israel Katz.

Il cambiamento al vertice della comunicazione militare israeliana avviene in un momento critico, in cui il governo Netanyahu è sotto pressione sia a livello interno che internazionale. Le divisioni politiche in Israele potrebbero complicare ulteriormente la gestione della crisi a Gaza e l’evoluzione delle trattative diplomatiche.Crisi in Medio Oriente: la Cina non approva il piano di Trump su Gaza, Hamas avverte su nuovi raid

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