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Conflitto India-Pakistan: rischio escalation. 

Gli scontri tra India e Pakistan si intensificano dopo l'attacco terroristico a Pahalgam. La comunità internazionale chiede de-escalation, ma la situazione è critica.

Conflitto India-Pakistan: rischio escalation. 

Gli scontri tra India e Pakistan si intensificano dopo l’attacco terroristico a Pahalgam. La comunità internazionale chiede de-escalation, ma la situazione è critica.

Le tensioni tra India e Pakistan sono esplose in una nuova e pericolosa crisi nella regione contesa del Kashmir. L’escalation, innescata dall’attacco terroristico di Pahalgam, il 22 aprile, ha portato alla morte di almeno 27 persone, tra cui turisti hindu, e ha sollevato il timore di un conflitto su larga scala tra le due potenze nucleari. Da quel momento, le ostilità si sono intensificate, coinvolgendo azioni militari dirette e risposte diplomatiche, con il rischio di una guerra aperta sempre più concreto.

L’attacco terroristico ha colpito un gruppo di turisti nel Kashmir amministrato dall’India. Subito dopo, le autorità indiane hanno accusato Islamabad di supportare i terroristi e hanno avviato una serie di azioni punitive, tra cui l’operazione “Sindoor” contro presunti campi terroristici in Pakistan. Nuova Delhi ha dichiarato di aver eliminato 70 “terroristi”, ma Islamabad ha risposto con la sua versione dei fatti, affermando che le perdite civili a causa degli attacchi indiani ammontano a 31 morti e 57 feriti.

Nel contesto di queste violenze, entrambi i Paesi si sono lanciati in una serie di attacchi reciproci. Il Pakistan ha rivendicato l’abbattimento di numerosi droni indiani, mentre l’India ha accusato il Pakistan di lanciare missili e droni contro il proprio territorio. Questi scontri, avvenuti lungo la Linea di Controllo (LoC) che separa le due nazioni nel Kashmir, hanno causato numerosi morti, tra cui 16 vittime civili indiane e 13 pakistane. La situazione al confine è ora segnata da un forte aumento dei bombardamenti e degli scontri diretti tra le forze armate.

Il rischio di un conflitto su vasta scala è alimentato dalla presenza di armi nucleari in entrambi i Paesi e dal coinvolgimento di attori internazionali. La Cina, alleata del Pakistan, ha osservato con preoccupazione l’escalation, mentre gli Stati Uniti, più vicini all’India, hanno invitato entrambe le nazioni alla “de-escalation”, pur ribadendo che non intendono entrare nel conflitto.

L’Iran ha chiesto moderazione da entrambe le parti, mentre l’Italia, tramite il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha offerto il suo sostegno come mediatore per cercare di riportare la calma. Tajani ha avuto colloqui con i ministri degli Esteri indiano e pakistano, invitandoli a ridurre le tensioni e a favorire il dialogo.

Le migliaia di civili costretti a fuggire dalle zone di confine, i voli sospesi negli aeroporti indiani e pakistani e la crescente preoccupazione internazionale sono segnali chiari che la situazione potrebbe rapidamente degenerare. Le parole della premio Nobel Malala Yousafzai, che ha lanciato un appello alla pace, risuonano come un monito per entrambi i governi: “L’odio e la violenza sono i nostri nemici comuni, non l’uno contro l’altro”.

Le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per la crescente violenza, chiedendo a India e Pakistan di astenersi da attacchi contro i civili e di cercare una soluzione diplomatica. Ma mentre la comunità internazionale cerca di intervenire, la possibilità di una guerra aperta tra due potenze nucleari resta un pericolo concreto.

Le prossime settimane saranno decisive. Se non si riuscirà a fermare l’escalation, la crisi rischia di trascinare l’intera regione del Kashmir e l’Asia meridionale in una nuova, devastante guerra. La sfida è ora nelle mani dei leader di India e Pakistan, che dovranno scegliere se seguire la via della diplomazia o quella della distruzione.

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