Cambogia chiede il cessate il fuoco con la Thailandia: oltre 100mila evacuati e 15 vittime civili
Scontri armati, accuse internazionali e sfollamenti di massa: la Cambogia chiede il cessate il fuoco alla Thailandia. All’ONU la richiesta di una soluzione pacifica. L’ASEAN si mobilita.
Crisi tra Cambogia e Thailandia: Phnom Penh chiede il cessate il fuoco immediato, oltre 100mila evacuati.
25 luglio 2025 – Prosegue e si aggrava la crisi al confine tra Thailandia e Cambogia, con scontri armati, accuse reciproche e migliaia di civili evacuati. In un drammatico appello alle Nazioni Unite, la Cambogia ha chiesto un cessate il fuoco immediato e incondizionato, invocando una risoluzione pacifica del conflitto che rischia di degenerare in una vera e propria guerra.
Mentre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si riunisce d’urgenza per affrontare la questione, la tensione tra i due eserciti resta altissima. Entrambe le parti si accusano di aggressioni e provocazioni. Il primo ministro ad interim thailandese, Phumtham Wechayachai, ha avvertito: “La situazione potrebbe sfociare in una guerra, anche se per ora rimane limitata agli scontri armati.”
Appello della Cambogia: “Vogliamo una tregua e una risoluzione pacifica”
Durante la riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza ONU, l’ambasciatore cambogiano Chhea Keo ha chiesto una tregua immediata con la Thailandia, sottolineando la necessità di trovare “una risoluzione pacifica del conflitto”. Nessun altro rappresentante ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, segno della delicatezza e complessità della crisi in atto.
Secondo le autorità cambogiane, l’esercito thailandese avrebbe utilizzato bombe a grappolo, vietate a livello internazionale per il loro effetto indiscriminato sui civili. Phnom Penh ha definito l’attacco come una ripetizione delle “tattiche brutali” già impiegate nel conflitto del 2011.
Legge marziale e sfollamenti di massa
Il governo thailandese ha proclamato la legge marziale in otto distretti al confine con la Cambogia. Il ministero della Salute di Bangkok riferisce di oltre 138.000 civili evacuati, tra cui più di 400 persone ricoverate. La Cambogia ha dichiarato che almeno 1.500 famiglie hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni.
Il bilancio delle vittime è drammatico: 14 civili morti in Thailandia, uno in Cambogia, e decine di feriti da entrambe le parti. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione l’evoluzione del conflitto.
L’offerta di mediazione della Malesia
Nel tentativo di scongiurare un’escalation, la Malesia si è offerta come mediatrice. Il primo ministro malese Anwar Ibrahim, futuro presidente dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) per il 2025, ha dichiarato la disponibilità di Kuala Lumpur a facilitare il dialogo tra le parti.
La Thailandia ha risposto positivamente all’offerta, pur sottolineando che finora non ha ricevuto alcuna risposta formale dalla Cambogia. Il portavoce del ministero degli Esteri thailandese, Nikorndej Balankura, ha ribadito: “Siamo pronti a dialogare, bilateralmente o con l’aiuto della Malesia”.
Il nodo del tempio di Preah Vihear: una contesa secolare
Al centro della disputa c’è ancora una volta il tempio di Preah Vihear, sito sacro khmer risalente all’XI secolo, riconosciuto sotto sovranità cambogiana dalla Corte Internazionale di Giustizia nel 1962. Tuttavia, il tempio e l’area circostante sono ancora oggetto di rivalità politica, militare e identitaria.
La tensione è riesplosa a maggio, dopo la morte di un soldato cambogiano in uno scontro a fuoco. Il tentativo di distensione sembrava essere arrivato tramite una telefonata tra l’ex premier thailandese Paetongtarn Shinawatra e il leader cambogiano Hun Sen, ma una registrazione diffusa successivamente ha riacceso le tensioni.
Nella registrazione, la premier thailandese si rivolgeva a Hun Sen chiamandolo “zio”, appellativo ritenuto sottomissivo dai militari thailandesi. Il gesto ha portato a dimissioni forzate e ha riacceso la miccia della crisi.
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