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America Party: com’è nato il partito di Elon Musk e perché rischia di fallire prima di iniziare

Fondato dopo un sondaggio su X con milioni di voti favorevoli, l’America Party di Elon Musk affronta subito ostacoli legali e finanziari che ne minacciano la sopravvivenza politica

America Party: com’è nato il partito di Elon Musk e perché rischia di fallire prima di iniziare.

Il miliardario Elon Musk ha deciso di fondare un proprio partito politico: l’America Party. Tutto è cominciato con un sondaggio su X, la piattaforma da lui posseduta, dove oltre un milione di utenti ha partecipato alla consultazione-lampo. Il risultato è stato schiacciante: il 65% dei votanti ha detto sì all’idea di creare un nuovo soggetto politico.

Musk non ha perso tempo. Ha registrato il partito presso la Commissione Elettorale Federale (FEC), rendendo il progetto ufficiale. Come sede è stato scelto l’indirizzo di SpaceX, al civico 1 di Rocket Road, Hawthorne (California), una decisione che sottolinea il legame diretto tra le sue aziende e l’iniziativa politica. Il tesoriere e firmatario dell’atto fondativo è Vaibhav Taneja, dirigente finanziario di Tesla.

Nonostante la velocità dell’annuncio e la portata mediatica dell’iniziativa, l’America Party si trova ora di fronte a una serie di problemi seri e strutturali, che potrebbero impedirne l’ingresso effettivo sulla scena politica americana.

Gli ostacoli legali e burocratici

Il primo grande scoglio per l’America Party è rappresentato dalla complessità del sistema elettorale federale degli Stati Uniti. Come ha spiegato il legale elettorale Brett Kappel a CBS News, ogni Stato ha norme diverse per l’accesso ai seggi e per il riconoscimento dei partiti, il che si traduce in una vera e propria corsa a ostacoli burocratica.

In California, per esempio, il partito deve raccogliere 75.000 firme di elettori registrati per apparire sulle schede, oppure oltre un milione di firme di residenti. Anche superato questo ostacolo, per mantenere la registrazione attiva, il partito deve ottenere almeno il 2% dei voti in una competizione statale. E questo è solo uno Stato: in totale, Musk dovrebbe confrontarsi con 50 regolamenti diversi, uno per ciascuno Stato dell’unione.

I vincoli sui finanziamenti

Un altro limite sostanziale riguarda i finanziamenti politici. Le leggi della FEC stabiliscono che un singolo individuo può donare al massimo 10.000 dollari all’anno a un partito a livello statale, 44.300 dollari a livello nazionale, e 132.900 dollari per spese accessorie come convention o ricorsi legali.

Considerando che Elon Musk ha un patrimonio stimato superiore ai 400 miliardi di dollari, potrebbe sembrare un problema facilmente aggirabile. Ma la realtà è diversa. Anche Musk, infatti, non può finanziare direttamente l’America Party con le sue risorse personali oltre i limiti imposti.

Nel 2024, Musk ha donato 277 milioni di dollari alla campagna di Donald Trump, ma lo ha fatto tramite un Super PAC chiamato America PAC, un Political Action Committee legalmente distinto da qualsiasi partito o candidato. I Super PAC possono ricevere e spendere fondi illimitati, purché siano formalmente indipendenti dal soggetto politico che sostengono.

Questo meccanismo, seppur legale, non è replicabile direttamente per il suo partito, se Musk intende mantenere un controllo diretto. Infatti, un Super PAC non può coordinarsi con un partito o candidato, e l’America Party, nato dalla volontà personale di Musk, rischierebbe di violare queste norme.

Il paradosso del miliardario

Il vero paradosso è che Musk potrebbe avere i mezzi economici e la visibilità per lanciare un partito nazionale, ma non gli strumenti legali per sostenerlo direttamente. La macchina burocratica americana richiede una rete organizzativa diffusa, tempi lunghi e una gestione delle regole elettorali estremamente accurata.

In questo scenario, l’America Party si configura come un progetto politicamente ambizioso ma fragile sul piano giuridico. Senza una struttura radicata nei singoli Stati e con vincoli sui finanziamenti, il nuovo partito di Musk rischia di restare una provocazione digitale più che una reale alternativa politica.

Le reazioni: Trump e Bannon non gradiscono

L’iniziativa di Elon Musk non è passata inosservata nemmeno tra i conservatori americani. Steve Bannon, ex stratega di Donald Trump e voce influente del fronte ultra-conservatore, ha attaccato pubblicamente Musk nel suo podcast War Room, definendolo “un arrogante fuori controllo” e “un miliardario convinto di poter comprare la politica come compra le aziende”.

Bannon ha accusato Musk di voler spaccare l’elettorato conservatore e di non avere alcuna legittimità politica:

“Vuole giocare a fare il salvatore d’America con un tweet e l’indirizzo della SpaceX. La politica vera non si costruisce con i sondaggi online.”

Donald Trump, invece, ha scelto toni più taglienti ma sarcastici. Secondo fonti vicine all’ex presidente, Trump ha definito Musk un “disastro su due gambe” e ha affermato che l’America Party è “una perdita di tempo” che crea solo confusione tra gli elettori.

“Musk è completamente fuori fase. I terzi partiti in America non funzionano e non funzioneranno mai. Non è così che si vince.”

Per Trump e Bannon, dunque, il progetto di Musk è più un intralcio al fronte conservatore che una nuova opportunità politica. Una mossa personale, impulsiva e potenzialmente dannosa.

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