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Alberto Trentini: due mesi senza notizie da parte dell’attivista, la famiglia contatta il governo italiano.

Alberto Trentini, cooperante italiano arrestato in Venezuela il 15 novembre, non dà notizie da quasi due mesi. La famiglia lancia un appello al governo italiano, mentre il Ministro Tajani protesta con forza.

Alberto Trentini: due mesi senza notizie da parte dell’attivista, la famiglia contatta il governo italiano.

La famiglia di Alberto Trentini, il cooperante italiano originario di Venezia, ha lanciato un appello al governo italiano affinché si attivi per riportarlo a casa. Trentini, arrestato il 15 novembre scorso in Venezuela durante una missione umanitaria con l’Ong Humanity & Inclusion, non dà notizie di sé da quasi due mesi. La sua situazione resta drammatica, tra il silenzio delle autorità venezuelane e le crescenti preoccupazioni per la sua salute.

La richiesta della famiglia 

In una nota diffusa dai familiari e dall’avvocata Alessandra Ballerini, si chiede un intervento deciso delle istituzioni italiane per aprire un dialogo con il governo venezuelano. “Alberto si trova in una struttura di detenzione, senza che gli sia mai stata formalizzata un’imputazione. Nonostante i numerosi tentativi, né i familiari né il nostro ambasciatore sono riusciti a comunicare con lui. È inaccettabile che un cittadino italiano, impegnato in una missione umanitaria, venga privato dei diritti fondamentali senza tutela“.

La madre di Trentini, Armanda, ha descritto il figlio come “una pedina, ostaggio del Venezuela”. “Siamo angosciati, non abbiamo notizie da quando lo hanno portato via. Mio figlio è sempre stato generoso e dedito agli altri. È inaccettabile che una persona come lui si trovi in questa situazione“.

La vicenda 

Alberto Trentini, 45 anni, era arrivato in Venezuela il 17 ottobre 2024 per lavorare con l’Ong Humanity & Inclusion, che si occupa di portare aiuti umanitari alle persone con disabilità. Il 15 novembre, mentre viaggiava da Caracas a Guasdalito con l’autista dell’Ong, è stato fermato a un posto di blocco. Secondo fonti informali, sarebbe stato trasferito a Caracas pochi giorni dopo, ma nessuna accusa formale è stata comunicata.

La famiglia segnala inoltre che Trentini soffre di problemi di salute e non ha accesso alle medicine né ai beni di prima necessità. “La mancanza di informazioni ufficiali e l’assenza di contatti diretti rende questa situazione insostenibile“, denunciano i familiari.

La reazione delle istituzioni italiane 

Dopo l’appello pubblico della famiglia, il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha convocato l’incaricato d’affari del Venezuela, protestando per la mancanza di trasparenza sulla detenzione di Trentini. In un post su Twitter, Tajani ha ribadito: “L’Italia continuerà a chiedere al Venezuela di rispettare le leggi internazionali e la volontà democratica del suo popolo“.

Tajani ha inoltre criticato l’espulsione di tre diplomatici italiani da Caracas, decisa dal governo venezuelano insieme alla riduzione del personale accreditato presso le ambasciate italiana, francese e olandese, a causa delle loro presunte “risposte ostili” all’insediamento del presidente Nicolas Maduro per il terzo mandato.

La conferma dell’arresto 

L’Ong Humanity & Inclusion ha confermato l’arresto di Trentini e del conducente che lo accompagnava, annunciando di essersi attivata per ottenere la loro liberazione. Tuttavia, per non interferire con le indagini in corso, non sono stati rilasciati ulteriori dettagli.

Alberto Trentini

Chi è Alberto Trentini 

Alberto Trentini è un professionista con oltre dieci anni di esperienza nel settore dello sviluppo e della cooperazione internazionale. Laureato in Storia Moderna e Contemporanea all’Università Ca’ Foscari di Venezia, si è distinto per il suo impegno nel migliorare le condizioni di vita delle comunità più vulnerabili. “La sua più grande soddisfazione era vedere il sorriso delle persone che aiutava“, racconta commossa la madre.

La richiesta di un intervento urgente 

La famiglia e i colleghi di Alberto continuano a chiedere con forza un intervento tempestivo per riportarlo a casa. “La sua missione umanitaria deve diventare un ponte di dialogo per garantire il suo ritorno in Italia“, sottolineano i familiari.

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