A Ginevra si riapre la strada della pace: tra il piano Trump, la controproposta europea e le richieste di Kiev.
A Ginevra Stati Uniti, Ucraina ed Europa avvicinano le posizioni su un possibile accordo di pace: limati i punti più controversi del piano Trump, cresce il ruolo dell’Ue e Kiev parla di “progressi significativi”.
A Ginevra si riapre la strada della pace: tra il piano Trump, la controproposta europea e le richieste di Kiev.
A Ginevra è una domenica di negoziati febbrili. Nei corridoi dell’Hotel Intercontinental, tra delegazioni che si incrociano e porte che si chiudono dietro incontri riservati, i rappresentanti di Stati Uniti, Ucraina e Unione europea cercano di trasformare mesi di tensioni diplomatiche in un primo, concreto passo verso una possibile pace. Il clima è diverso dal solito: non c’è solo prudenza, ma un filo di ottimismo che trapela dai volti e dalle parole dei protagonisti.
La conferma arriva in serata, quando Washington e Kiev diffondono una nota congiunta dai toni insolitamente positivi. I colloqui vengono definiti “costruttivi, mirati, rispettosi e altamente produttivi”. Ancora più significativo è l’annuncio che le delegazioni hanno “redatto un quadro di pace aggiornato e perfezionato”, riconoscendo “progressi significativi nell’allineamento delle posizioni”. Un cambio di passo che sorprende, considerando che mentre i diplomatici trattano, sul campo la guerra non conosce pause: a Kharkiv un attacco di droni russi causa nuovi morti e feriti.
Eppure qualcosa, nelle stanze svizzere, sembra essersi mosso davvero. Gli Stati Uniti parlano apertamente della volontà di chiudere “il prima possibile”, idealmente entro giovedì, la scadenza simbolica inizialmente indicata da Donald Trump. Kiev fa trapelare che la bozza aggiornata “riflette i nostri interessi nazionali”. L’Europa – che fino a poche settimane fa temeva di essere stata tagliata fuori dal grande negoziato – è rientrata in campo con una controproposta articolata, capace di correggere i punti più controversi del piano di Trump e di riportare al centro la sovranità ucraina.
È un equilibrio fragile, ma per la prima volta da tempo nessuno lo considera impossibile.
Il piano Trump: 28 punti che dividono
Per capire cosa sta succedendo a Ginevra bisogna partire dal piano in 28 punti elaborato da Donald Trump, un documento che ha agitato Kiev e lasciato estremamente perplessi molti governi europei.
Il piano parte da una logica semplice: fermare le ostilità e “congelare” il conflitto, ridisegnando parte del fronte in favore della Russia in cambio di garanzie americane sulla sicurezza ucraina. Ma i costi per Kiev sarebbero stati altissimi, in quanto avrebbe dovuto accettare la cessione di territori nel Donbass alla Russia, con riconoscimento implicito del controllo russo su Crimea, Donetsk e Luhansk; la rinuncia definitiva alla NATO, con l’Ucraina costretta a dichiararsi neutrale e la riduzione dell’esercito a 600.000 unità, considerata insufficiente da Kiev per difendersi da una potenza nucleare.
L’unico punto realmente favorevole a Kiev sarebbe stato l’uso degli asset russi congelati per finanziare la ricostruzione.
Non stupisce che la bozza americana abbia provocato inquietudine in Europa e irritazione a Kiev: più che una pace, molti vi leggono una resa parziale, costruita sulla logica del “meglio qualcosa che nulla”.
La controproposta europea: 24 punti per rimettere al centro Kiev
Proprio per questo l’Europa ha deciso di intervenire, riformulando il testo americano punto per punto. Francia, Germania e Regno Unito – con il supporto delle istituzioni Ue e della NATO – hanno messo a punto una controproposta in 24 punti che modifica radicalmente l’impianto originario.
Il cuore della proposta europea è semplice: nessuna soluzione può essere costruita sacrificando la sovranità ucraina.
I cardini della bozza Ue
Nessuna cessione territoriale automatica: la sovranità ucraina è ribadita, e ogni discussione sulle frontiere potrà avvenire solo dopo un cessate il fuoco completo. Tra i 24 punti troviamo:
Garanzie di sicurezza vincolanti per Kiev, simili all’articolo 5 della NATO: se la Russia attacca, gli alleati intervengono.
Nessun obbligo di neutralità: il tema dell’adesione alla NATO resta aperto, subordinato al consenso interno all’Alleanza.
L’esercito ucraino potrebbe salire a 800.000 unità, rifiutando le limitazioni proposte da Washington.
L’Ucraina verrebbe confermata sul percorso per entrare nell’Unione europea.
Gli asset russi congelati resterebbero tali finché la Russia non risarcirà i danni causati.
Le sanzioni potrebbero essere alleggerite solo in caso di pieno rispetto dell’accordo, e reintrodotte automaticamente in caso di violazione.
Previsto anche il rimpatrio dei bambini deportati, lo scambio “tutti per tutti” dei prigionieri e la liberazione dei civili detenuti.
Si tratta, in sostanza, di un piano molto più vicino alle posizioni ucraine e al diritto internazionale.
Le ore decisive a Ginevra: “il miglior incontro finora”
Il segretario di Stato statunitense Marco Rubio, a capo della delegazione americana, parla di “riunioni tra le più produttive e significative finora”. Al suo fianco, Andriy Yermak, capo dell’Ufficio del presidente dell’Ucraina, conferma che la nuova bozza “riflette già la maggior parte delle priorità dell’Ucraina”.
Nella dichiarazione congiunta, Usa e Ucraina sottolineano: progressi significativi nell’allineamento delle posizioni; un quadro di pace “aggiornato e perfezionato”; la necessità che ogni accordo rispetti pienamente la sovranità dell’Ucraina el’impegno a proseguire un “lavoro intenso” nei prossimi giorni.
La delegazione ucraina esprime anche gratitudine agli Stati Uniti “e personalmente al presidente Donald J. Trump”, sottolineando gli “sforzi instancabili” per mettere fine alla guerra.
A conferma della novità del momento, il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul parla apertamente di “successo decisivo per gli europei”, affermando che “nessuna questione riguardante Europa e NATO può essere decisa sopra la nostra testa”.
Un mosaico diplomatico in movimento: Meloni, Erdogan, i leader Ue
Il processo non è solo americano-ucraino-europeo. Attorno al negoziato di Ginevra si muove una rete di consultazioni parallele.
Giorgia Meloni, dal G20 di Johannesburg, racconta di una lunga telefonata con Trump insieme al presidente finlandese Stubb, affermando di aver trovato il presidente Usa “disponibile”.
Recep Tayyip Erdogan annuncia una nuova telefonata con Putin per favorire il percorso di pace.
A Luanda, a margine del vertice Ue–Unione Africana, i capi di Stato e di governo dell’Ue sono convocati per coordinare la posizione europea.
Il gruppo dei “Volenterosi”, che sostiene militarmente Kiev, continua a riunirsi per accompagnare il negoziato e garantire che la futura pace non comprometta la sicurezza europea.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, riassume la posizione dell’Unione così: “l’Ucraina ha scelto un destino europeo. Questa libertà deve essere rispettata”.
La guerra, però, continua
Mentre si parla di pace, le bombe continuano a cadere.
Nelle ultime ore, infatti, ci sono stati nuovi attacchi su Kiev e un attacco russo con droni su Kharkiv, che ha provocato quattro morti e almeno 17 feriti.
La diplomazia, inevitabilmente, cammina su un crinale sottile: negoziare mentre la guerra va avanti significa bilanciare realismo e urgenza, senza perdere di vista che ogni giorno in più costa vite e distruzione.
Un primo spiraglio, non ancora la pace
Il negoziato è entrato, da ieri, in una fase reale, concreta, fatta di testi riscritti, punti limati, alleati riascoltati e priorità ridefinite.
Per la prima volta da settimane Stati Uniti, Ucraina ed Europa parlano la stessa lingua: quella della sovranità, della sicurezza e della necessità di una pace giusta.
E la firma finale – come ribadito da tutti – spetterà solo a due persone: Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Saranno loro a decidere se questa bozza diventerà realtà o resterà l’ennesima occasione mancata.
A Ginevra, per ora, però, si è acceso uno spiraglio.
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