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CAMBIA LINGUA

MILANO, OTELLO AL TEATRO ELFO FINO AL 20 MAGGIO

MILANO, OTELLO AL TEATRO ELFO FINO AL 20 MAGGIO

«iI potere manipolatorio della parola. Quello che, con qualche forzatura, potremmo definire il veleno sociale delle fake news». Questo secondo Elio De Capitani, che torna a cimentarsi con l’Otello (Teatro dell’Elfo, fino al 20 maggio www.elfo.org ) è il protagonista della sua lettura della splendida opera Shakesperiana. La parola che si dipana da una parte con gli endecasillabi perfetti del linguaggio originale e antico e quella moderna e talvolta “bassa” dei personaggi più tormentati e veri. La regia di De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli e le scenografie di Carlo sala mettono in evidenza la crudeltà del femminicidio, tema attuale e antichissimo, la supremazia dell’uomo maschio e geloso sulla donna vittima e ribelle nello stesso tempo. De Capitani entra nel suo Otello in maniera potente e lo restituisce al pubblico in tutta la sua amabile crudeltà. Otello è l’immigrato in cerca di riscatto che tuttavia viene vinto da un sentimento malato. Strepitoso Francesco Vanni che interpreta le sottigliezze linguistiche e d’atti di Iago alla ricerca anche lui di un riscatto sociale, estromesso suo malgrado dalla casta dei potenti. Nella piece che va in scena all’elfo tutti gli attori sono protagonisti: la bella Desdemona interpretata da Emilia Scarpati Fanetti, donna innamorata e sottomessa al suo signore ma nello stesso tempo moderna e attuale, l’ottima Cristina Crippa attrice consumata che interpreta Emilia. Una donna sì moglie ma soprattutto donna che difende le donne a parole (splendido il suo monologo sulla violenza, attualissimo) e con i fatti anche se troppo tardi. Poi c’è Bianca, prostituta innamorata e modernissima, interpretata Carolina Cametti. Alessandro Averone, noto al grande pubblico anche del cinema è un bravissimo e istrionico Roderigo e Buffone al tempo stesso e poi ci sono Cassio, bello e dannato, interpretato da Angelo di Genio e gli altri ufficiali e il doge, tutti padroni della scena e della parola del grande drammaturgo. Tre ore e mezzo di spettacolo che conquistano l’attenzione dello spettatore dall’inizio alla fine con incisività lanciando un unico messaggio: il Moro resta uno dei personaggi più amati di Shakespeare perché è tragicamente umano e Iago normalmente cattivo e assassino. E mai come oggi sappiamo che la società è piena di Iago, di Otello e purtroppo di Desdemona.

Articolo di Laura Marinaro

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