Papa Francesco, “pastore” fino all’ultimo: la benedizione finale e il gesto d’amore.
Papa Francesco è morto il 21 aprile a 88 anni dopo un ictus. Poche ore prima, aveva salutato i fedeli in Piazza San Pietro con un ultimo, toccante gesto d’amore.
Papa Francesco, “pastore” fino all’ultimo: la benedizione finale e il gesto d’amore.
Papa Francesco è morto il 21 aprile dopo un ictus. Poche ore prima, durante la benedizione pasquale, aveva salutato i fedeli in Piazza San Pietro con un ultimo, toccante gesto d’amore.
La Pasqua del 2025 resterà impressa nella memoria del mondo cattolico come il giorno dell’ultimo gesto di amore pastorale di papa Francesco. Il 21 aprile, alle prime luci dell’alba, Jorge Mario Bergoglio si è spento nel suo appartamento a Casa Santa Marta, dopo essere stato colpito da un ictus. Poche ore prima, il Pontefice aveva compiuto il suo ultimo e simbolico bagno di folla in Piazza San Pietro, al termine della benedizione “Urbi et Orbi”, suggellando il suo pontificato con un gesto che racchiudeva tutto lo spirito del suo magistero: la vicinanza ai fedeli, l’abbraccio al mondo, il coraggio della testimonianza nonostante la sofferenza.
L’ultimo gesto: un grazie e un saluto
“Grazie per avermi portato in piazza”, ha sussurrato il Papa al suo infermiere personale, Massimiliano Strappetti, l’uomo che gli è stato accanto nei momenti più duri, nei giorni di ricovero al Policlinico Gemelli e durante la lunga convalescenza a Santa Marta. Poche ore dopo, prima di cadere in coma, Francesco ha rivolto a Strappetti un gesto semplice ma eloquente: un saluto con la mano, un ultimo atto di gratitudine verso chi lo aveva aiutato a donare ancora una volta se stesso al popolo.
“Credi che possa farlo?”, aveva chiesto il Papa all’infermiere, prima di salire sulla papamobile quella domenica di Pasqua. E quella domanda, che conteneva tutto il peso della sua fragilità ma anche la determinazione a non sottrarsi alla sua missione, è oggi diventata uno dei simboli più forti della sua fine.
Una morte serena, senza clamore
Secondo quanto riferito da Vatican News e confermato dal professor Sergio Alfieri, coordinatore dell’équipe medica che ha seguito il Pontefice negli ultimi anni, la morte è sopraggiunta rapidamente e senza sofferenze. Alle 5.30 del mattino sono state avvertite le prime avvisaglie del malore. Un’ora dopo, è entrato in coma nel letto della sua residenza. “Non ha sofferto, è stato tutto molto rapido”, hanno raccontato i suoi assistenti.
Il corpo, non imbalsamato ma trattato con sostanze che ne ritardano la decomposizione, è stato descritto come sereno, con un’espressione quasi sorridente, nonostante un lieve ematoma sul lato sinistro del volto.
L’omaggio del popolo e delle istituzioni
Già dalla sera successiva al decesso, la salma del Pontefice è stata omaggiata nella residenza di Santa Marta dal personale della Curia e dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Questa mattina, la bara semplice in legno, rivestita internamente di zinco e velluto rosso secondo le volontà del Papa, è stata traslata nella Basilica di San Pietro per il tributo pubblico dei fedeli. Il funerale si terrà sabato 26 aprile alle 10, con oltre 200 mila persone attese e 170 delegazioni da tutto il mondo. Il governo italiano ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale.
L’eredità spirituale: parole per la vecchiaia e per l’eternità
Non sono mancate le parole, profondamente spirituali e profetiche, che papa Francesco aveva voluto affidare poco prima di morire alla prefazione del libro Riflessioni sulla vecchiaia del cardinale Angelo Scola. Parole che suonano oggi come un testamento spirituale:
“La morte non è la fine di tutto, ma l’inizio di qualcosa… Vivremo qualcosa che mai abbiamo vissuto pienamente: l’eternità.” E ancora: “La vecchiaia può essere feconda… se accolta con gratitudine diventa un tempo di luce, di dono, di bene che si irradia.”
Parole che confermano la visione cristiana profonda del Papa, il suo sguardo rivolto alla speranza, alla vita che si rinnova anche nel dolore e nella fine.
Fino all’ultimo, voce dei deboli
Papa Francesco non ha mai smesso di farsi voce degli ultimi, dei perseguitati, dei migranti. Lo ha fatto anche nelle ultime ore della sua vita, con una lettera indirizzata ai vescovi americani per denunciare le espulsioni di massa promosse dall’amministrazione Trump, definendo tali atti come contrari alla dignità umana. Ha parlato anche al parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli, ricordando le 50 vittime parrocchiane della guerra in corso, definendo l’ultima vittima “lui stesso”, in un martirio spirituale vissuto con la sua Chiesa.
Il futuro della Chiesa
La Chiesa che Francesco lascia al suo successore è una Chiesa viva, ferita ma capace di compassione, di accoglienza, di discernimento. Non più una Chiesa autoreferenziale, ma un “ospedale da campo”, come lui amava definirla. Le Congregazioni dei cardinali si riuniranno per nove giorni in preparazione al Conclave, la cui apertura è prevista per il 6 maggio. Chiunque sarà chiamato a raccogliere il testimone di Francesco, dovrà confrontarsi con la sua eredità di misericordia e coraggio evangelico.
Papa Francesco se ne va come ha vissuto: in silenzio, con umiltà, con un gesto d’amore. Fino alla fine, ha portato l’“odore delle pecore”, pastore tra i pastori. E ora, per milioni di fedeli, inizia il tempo del ricordo e della gratitudine.
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