‘Ndrangheta, gli affari dei Mancuso a Milano e alle Baleari
27 membri di un clan radicato in Lombardia e alleato della cosca di Limbadi (VV)
‘Ndrangheta, gli affari dei Mancuso a Milano e alle Baleari.
‘Ndrangheta oltre confine. Non in Calabria, dove è nata, cresciuta e diventata una delle più potenti organizzazioni mafiose al mondo. Ma in Lombardia, nelle colonie di Milano e Monza. Fino agli affari nelle Isole Baleari. Eppure, nonostante la distanza con il cuore dell’organizzazione si moltiplichi sempre di più, i legami con la madrepatria restano fitti e imprescindibili.
L’inchiesta “Medoro”, avviata sotto il coordinamento della Dda di Milano nella primavera del 2018 e condotta dai Carabinieri del Ros, aggiunge un importante tassello alla ricostruzione degli affari che gli ‘ndranghetisti hanno ormai letteralmente in ogni latitudine.
La Dda sta notificando la conclusione delle indagini nei confronti di 27 membri di un clan radicato in Lombardia e alleato della potentissima cosca dei Mancuso di Limbadi (VV). Dalle indagini è infatti emerso che il collegamento con la famiglia del “Supremo” Luigi Mancuso è dovuto anche a vincoli di stretta parentela.
Gli iscritti nel registro degli indagati sono tutti ritenuti, a vario titolo, responsabili di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacente ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso.
Narcotraffico, estorsioni e recupero credito. Violenze e minacce di ogni tipo. In Lombardia ma anche all’estero, nelle Isole Baleari. Per una famiglia di ‘ndrangheta che ha più volte dimostrato la capacità di intimidire un po’ ovunque.
Lo spaccio di droga era un’attività strutturata. Le acquisizioni investigative ne danno uno spaccato quantomai completo e soddisfacente: smerciati ben 72 kg di hashish e 18 kg di marijuana, nonché quasi mezzo kg di cocaina.
In programma, inoltre, l’importazione di quasi 2 tonnellate di hashish, per un volume di affari nell’ordine di centinaia di migliaia di euro.
Il gruppo era attivo anche nel recupero crediti. “Si tratta di vere e proprie estorsioni, caratterizzate dall’adozione di comportamenti e schemi tipici delle organizzazioni di tipo mafioso – si legge in una nota, firmata dal procuratore di Milano Marcello Viola – che si concretizzano in intimidazioni tese, da un lato, a coartare la volontà dei debitori, costringendoli a corrispondere quanto preteso, e dall’altro a costringere gli stessi creditori a sottostare alle imposizioni ricevute, con riguardo, in primis, al compenso per il loro intervento. Alcune delle condotte contestate sono state commesse nelle Isole Baleari, dove gli indagati hanno esportato il proprio know how criminale, offrendo il ‘servizio’ di recupero crediti ad imprenditori locali ed espandendosi nel settore della sicurezza dei locali notturni”.
Identificata, in un altro filone d’indagine, anche un’avvocatessa che, secondo i pm, “ritenendo di vantare un credito di oltre 40mila euro nei confronti di un imprenditore, non esitava a rivolgersi a tre persone rispettivamente facenti parte e o contigui a Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Sacra Corona Unita” che in più occasioni hanno messo in atto “pesanti minacce, intimidazioni ed appostamenti nei confronti della vittima per obbligarla alla restituzione della somma dovuta, maggiorata del ‘compenso’ per il loro intervento”.
La donna si era rivolta ad una persona contigua alla nota famiglia di mafia Fontana, che appartiene a Cosa nostra. L’uomo ha sollecitato, a sua volta, l’intervento di un altro complice che si è qualificato come un Mancuso della ‘ndrangheta e un uomo della Sacra Corona Unita che, pur essendo detenuto, è riuscito a trasmettere, tramite whatsapp, “messaggi fortemente intimidatori anche con il supporto di foto di micidiali armi da guerra”.
Tre degli indagati di questo filone sono finiti in carcere, mentre uno ha l’obbligo di firma.
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