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Napoli, altro importante sequestro al clan Moccia

I beni sequestrati possono essere ora avviati verso la restituzione alla collettività

Napoli, altro importante sequestro al clan Moccia.

Il Tribunale di Napoli – Sezione Misure di Prevenzione, presieduto dalla dott.ssa Teresa Areniello, ha emesso (col collegio composto dai Giudici dott. Vincenzo Lomonte, Mariarosaria Orditura, Luciano di Transo) due decreti di sequestro di beni, finalizzati alla confisca, ai sensi della normativa di prevenzione antimafia, nei confronti di LUCCI Antonio, cl.65 e TRANCHINO Giorgio, cl. 82, di cui è in corso l’esecuzione a cura del personale dell’Area Misure di Prevenzione Patrimoniali della Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Napoli, su proposta del Questore.

LUCCI Antonio (detto Tonnino o pazz), già sottoposto alle misure di sicurezza della casa di lavoro e poi della libertà vigilata, attualmente in regime di detenzione domiciliare, è pluripregiudicato per associativi comuni, lotto clandestino e violazioni in materia di armi, nonché per essersi distinto a capo di un gruppo criminale con origine nel quartiere cittadino di Secondigliano, ma inserito nella storica e potente organizzazione camorristica denominata clan Moccia, egemone nei comuni della provincia a nord di Napoli. In tale veste si è reso responsabile di usura, estorsione e corruzione delle aste giudiziarie nei comuni di Frattamaggiore, Casoria e Afragola.

L’analisi delle pregresse vicende giudiziarie del Lucci (fra l’altro cugino dei fratelli capiclan Moccia) induce a ritenere che il predetto sia stato per un periodo prolungato (quantomeno dall’anno 1990 al 1995) operativo in forma associata ed organizzata nell’illecito settore del lotto clandestino nel quartiere cittadino di Secondigliano e nel Comune di Casoria. In seguito si è distinto per reati di usura ed estorsione in forma associata ed aggravata dal metodo mafioso, per i quali ha riportato nel 2006 la condanna alla pena di 6 anni e 8 mesi di reclusione. Ed in particolare, al fine di assicurare al Lucci il profitto del reato di usura in danno di diversi imprenditori e commercianti, il gruppo a lui facente capo perpetrava minacce e violenze nei confronti di una delle vittime, cui furono perfino cagionate lesioni fisiche, oltre a fagocitarne l’attività economica.

L’attivismo criminale del proposto si è poi manifestato in più occasioni, anche più di recente, nel settore delle aste giudiziarie che ha turbato ripetutamente nel corso degli anni, come emerso in vari procedimenti penali. In data 6 dicembre 2012 è stato, infatti, condannato dal Tribunale di Napoli alla pena di 2 anni e 2 mesi di reclusione per il delitto di associazione per delinquere finalizzata a turbare il regolare svolgimento della piena libertà delle aste giudiziarie bandite nella circoscrizione del Tribunale di Napoli, contestatagli, unitamente a plurimi associati, a far data dall’anno 2000.

LUCCI è in atto detenuto, poichè tratto in arresto proprio mentre era sottoposto alla misura di sicurezza della libertà vigilata, in esecuzione di misura cautelare personale emessa il 21 gennaio 2021 dall’Ufficio 38° del GIP del Tribunale di Napoli (confermata in sede di riesame), in quanto ritenuto gravemente indiziato della commissione dei reati di turbativa d’asta, estorsione consumata e tentata, porto di armi abusivo, tutti reati commessi, con l’aggravante di aver agito in più persone riunite ed al fine di agevolare l’associazione camorristica denominata clan Moccia ed avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis c.p., imponendo il controllo del suddetta consorteria su tutte le aste pubbliche afferenti ad immobili situati nel territorio di Casoria ed Afragola, rientranti nell’area storicamente riconducibile proprio al predominio del clan MOCCIA”. Dalla lettura degli atti giudiziari, sostanziati in intercettazioni telefoniche ed ambientali, oltre che in appostamenti tradizionali, emergeva che gli indagati, avvalendosi delle condizioni imposte dal metodo mafioso, condizionavano, in modo anche violento e ricorrendo all’uso di armi da fuoco nei confronti dei potenziali aggiudicatari dei beni posti in vendita all’asta, l’andamento di alcune aste giudiziarie relative ad immobili situati nei comuni citati.

Attesa l’annosa carriera criminale di LUCCI, l’attuale decreto di sequestro di prevenzione giunge all’esito di una copiosa attività di accertamento delegata dal Giudice della prevenzione degli elementi già prospettati col deposito della prima proposta avanzata dal Questore nei suoi confronti nel 2010 ed integrati fino a giungere, nel luglio 2021 alla definitiva ricostruzione delle poste patrimoniali attive parallelamente accumulate dal medesimo, direttamente o indirettamente, nel corso degli anni.

Il decreto ha disposto il sequestro del patrimonio, formalmente intestato, infatti, anche a stretti congiunti di Lucci risultati meri intestatari fittizi, avendo l’attività accertativa condotta ampiamente dimostrato l’assenza di redditi leciti idonei a poter costituire la provvista necessaria per la ricchezza accumulata nel corso degli anni dal proposto.

Il valore del patrimonio sottoposto a sequestro ammonta a circa sei milioni di Euro ed è composto da numerosi immobili, imprese nel settore del parcheggio/autorimessa e rapporti finanziari.

TRANCHINO Giorgio è pregiudicato per associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. E’ in atto sottoposto al regime della detenzione domiciliare, scontando la pena definitiva di 8 anni e 4 mesi di reclusione emessa dalla Corte di Appello di Napoli per la partecipazione al già descritto clan MOCCIA, in particolare quale esponente dell’articolazione territoriale di Casoria; in ragione anche del vincolo di parentela con il suocero, il suddetto LUCCI Antonio, Tranchino era deputato ad assolvere alla delicata funzione di intermediario tra il gruppo dirigente e le diverse articolazioni territoriali del sodalizio.

Il decreto ha disposto il sequestro di beni intestati al Tranchino ed alla moglie, avendo le indagini dell’Area Misure di Prevenzione Patrimoniali della Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Napoli dimostrato la stridente sperequazione tra ricchezza accumulata ed entità di redditi leciti dichiarati dal nucleo familiare del proposto.

Il valore del patrimonio sottoposto a sequestro ammonta a circa Euro 360.000,00 ed è composto da un appartamento e n. 6 saldi attivi di rapporti finanziari.

Le dichiarazioni del Prefetto Francesco Messina, Direttore Centrale Anticrimine

Il Prefetto Francesco Messina, Direttore Centrale Anticrimine ribadisce che “i 6,5 milioni di Euro in beni di vario tipo, sequestrati su proposta del Questore di Napoli, si sommano agli oltre 740 Milioni sequestrati a partire dal 2020 dalla Polizia di Stato, in attuazione della strategia di contrasto all’accumulo di patrimoni illeciti portata avanti dalla Direzione Centrale Anticrimine mediante le misure di prevenzione patrimoniali proposte dai Questori, talvolta in forma congiunta con le Procure competenti.

Siamo convinti che l’ablazione dei beni rappresenti un’arma formidabile che indebolisce le organizzazioni criminali incidendo sulla loro capacità di riorganizzarsi quando colpite dalle operazioni di polizia giudiziaria. Rispetto a quest’ultime, il potere di proposta di misure di prevenzione patrimoniali – riconosciuto per Legge ai Questori della Repubblica – si pone come uno strumento complementare e del tutto irrinunciabile ai fini dell’efficace azione di contrasti alle mafie.

La rilevanza in ambito provinciale della figura del Questore quale dominus dell’azione di polizia di prevenzione appare così confermata dall’attivazione del potere di proposta e ciò segnatamente in funzione della tutela dell’equilibrio socio-economico del territorio di competenza, laddove in esso sussistano fondati sospetti di inquinamento ad opera di organizzazioni criminali strutturate.

I sequestri di oggi hanno riguardato due soggetti collegati ad un clan storico e tradizionalmente attivo nella città di Napoli, che disponevano di immobili ed attività economiche del tutto ingiustificati rispetto alle loro capacità reddituali, per cui si presume un legame con gli introiti dell’organizzazione camorristica.

Tali beni – come gli altri già sequestrati in precedenza – potranno essere ora avviati verso la restituzione alla collettività”.

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