Minaccia il prof dopo la sospensione, ma la Cassazione lo assolve: è una protesta
Aveva minacciato il professore di Educazione fisica a seguito della sospensione, dicendo: “Appena finisce la scuola vengo a trovarti, non è una minaccia ma un avvertimento. Per me le regole non valgono, tu mi hai fatto sospendere per 25 giorni”. Parole pronunciate durante una lezione, davanti ai compagni, che erano costate allo studente una condanna per resistenza a pubblico ufficiale, confermata in appello.
Ora però la Cassazione ha ribaltato tutto. La Corte ha annullato la sentenza e disposto un nuovo giudizio, sostenendo che non si trattava di resistenza, ma di una “protesta”. Secondo i giudici supremi, infatti, la condotta del ragazzo non era finalizzata a impedire un atto d’ufficio, requisito essenziale per configurare il reato previsto dall’articolo 337 del codice penale.
Come riporta Il Messaggero, il provvedimento disciplinare contro l’alunno era già stato adottato: le sue parole rappresentavano quindi una “rimostranza indebita” contro una decisione già presa, non un tentativo di ostacolarla. La Corte precisa che “il reato di resistenza a pubblico ufficiale presuppone che la condotta sia diretta a impedire il compimento di un atto d’ufficio”, e che nel caso specifico “difetta la finalità della minaccia a impedire il compimento dell’atto”.
Il nuovo processo d’Appello dovrà ora stabilire se la frase dello studente integri altri reati, come oltraggio o minaccia a pubblico ufficiale. Per la Cassazione, resta infatti il carattere offensivo delle parole pronunciate “mentre il docente era intento nello svolgimento della propria funzione”, ma non la resistenza vera e propria.
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