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Lecce, Maresciallo Nestola in pensione ucciso con 4 colpi di fucile: arrestato padre della compagna

Lecce, verso le ore 22.00 del 3 maggio u.s., Silvano NESTOLA, Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in quiescenza, veniva brutalmente ucciso mentre usciva dall’abitazione della sorella, sita in località Tarantini in agro di Copertino (LE).

Dopo avervi cenato in compagnia del figlio undicenne Leonardo, si apprestava a tornare a casa alla scadenza dell’orario di lockdown; nel momento in cui stava per salire a bordo della propria autovettura, una persona, che il figlio, unico testimone diretto, descriveva come “una persona nera che stava accovacciato sotto al muretto sulla destra”, lo colpiva con almeno quattro colpi di fucile calibro 12 che ne cagionavano immediatamente la morte.

Sin dai preliminari accertamenti i militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Lecce coadiuvati dagli uomini della Sezione Anticrimine, escludevano la pista della criminalità organizzata e quella del contesto professionale della vittima, concentrandosi invece sulla vita privata di Nestola, un uomo molto schivo e riservato.

Ed è stata proprio la vita privata la chiave di lettura del crimine. Nestola infatti separato dalla moglie aveva intrapreso dall’estate scorsa una relazione con Elisabetta Aportone, anch’ella separata, figlia di Michele. Tale relazione sarebbe stata fortemente osteggiata dall’arrestato appunto e da Rossella MANIERI, sua moglie, che vedeva in Silvano il responsabile della separazione della figlia dal marito.

Fortemente risentita, in più occasioni, la MANIERI, aveva affrontato Silvano, anche sulla pubblica via ed in compagnia della stessa Elisabetta, svilendone l’immagine del Carabiniere, arrivando finanche ad attacchi diretti verbali.

La decisione di Elisabetta di separarsi di fatto dal marito e intraprendere una relazione con Silvano Nestola aveva compromesso i rapporti con la madre che si erano sostanzialmente interrotti, anzi nel marzo 2021 i rapporti tra madre e figlia erano ormai ridotti ai minimi termini tanto che era Elisabetta a rifiutare ogni contatto con la madre.

Tanti gli episodi significativi emersi nel corso delle indagini, ma senz’altro quello rappresentato dall’attivazione da parte dei coniugi Aportone/Manieri di un GPS utilizzato per monitorare gli spostamenti della loro discendente Elisabetta, rendono l’idea dell’ossessione che coniugi nutrivano nei confronti della figlia. L’assillante controllo sulla vita di Elisabetta, ormai adulta, non si limitava alle manifestazioni verbali, avevano infatti, i genitori, congiuntamente acquistato e fatto installare sull’autovettura in uso a Elisabetta un apparato GPS allo scopo di controllarne gli spostamenti.

Da questi elementi e tanti altri emersi nel corso delle indagini, si può comprendere come l’avversione alla relazione tra Silvano e Elisabetta non si limitava alla madre ma era condivisa dal padre pertanto appare conseguenziale che entrambi i coniugi (lo ricordiamo entrambi iscritti nel registro degli indagati) nutrissero sentimenti di rancore, odio e rabbia nei confronti di Nestola ritenuto non solo il responsabile del naufragio del matrimonio della figlia, ma anche una minaccia attuale ed incombente per i loro rapporti con il nipotino.

Numerosi sono stati i gravi indizi di colpevolezza raccolti dagli investigatori dei carabinieri che hanno portato i Pubblici Ministeri della Procura di Lecce, il Dott. Alberto Santacatterina e la Dott.ssa Paola Guglielmi, che hanno coordinato le indagini, a chiedere ed ottenere dal GIP, il Dott. Sergio Mario Tosi, l’arresto di Michele Aportone.

Tra questi, non vanno sottaciute le immagini, (tra le centinaia esaminate dagli inquirenti), di un sistema di videosorveglianza installato in una zona non distante l’area sosta camper “Santa Chiara“ (di cui Michele Aportone ne è titolare) che lo riprendono allorquando a bordo del suo FIAT Ducato alle ore 19.30 circa del 3 maggio esce per raggiungere l’abitazione di Copertino; immagini che lo riprenderanno anche al rientro in quella stessa area camper alle ore 22.30 circa, evidentemente dopo aver consumato l’omicidio.

Tragitto che l’Aportone non avrebbe compiuto interamente a bordo del furgone, infatti le risultanze investigative avrebbero evidenziato che ad un certo punto l’Aportone, dopo aver lasciato il furgone nei pressi di una carrozzeria di Leverano continua il percorso a bordo di un ciclomotore che evidentemente aveva dapprima caricato sullo stesso furgone.

Questo ciclomotore viene, nel corso delle indagini, rinvenuto bruciato, proprio nei pressi dell’area camper gestita dall’Aportone, il quale si era preoccupato di distruggerlo a mezzo fuoco al fine di scongiurare la scoperta di tracce della sua colpevolezza.

Ulteriori sviluppi dalle indagini sono arrivati dagli esami scientifici eseguiti dal RIS di Roma che hanno accertato la presenza di minuscole particelle di polvere da sparo sugli indumenti dell’assassino riconducibili ai colpi esplosi da un fucile da caccia, che gli investigatori continuano a cercare.

Aportone, dopo l’arresto eseguito dai Carabinieri del Comando Provinciale di Lecce, è stato tradotto, prima, presso la caserma del Comando Provinciale dei Carabinieri di Lecce e, dopo le notifiche di rito e le operazioni di fotosegnalamento, è stato, su disposizione del Gip di Lecce, portato presso la locale casa circondariale in attesa dell’interrogatorio di garanzia previsto nei prossimi giorni.

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