Gaza, la crisi umanitaria si aggrava: da oltre 50 giorni niente cibo né aiuti. L’ONU: “Serve un cessate il fuoco immediato”.
L’ONU chiede un cessate il fuoco immediato mentre la crisi umanitaria a Gaza raggiunge livelli critici, con oltre 50 giorni senza aiuti.
Gaza, la crisi umanitaria si aggrava: da oltre 50 giorni niente cibo né aiuti. L’ONU: “Serve un cessate il fuoco immediato”.
Nel frattempo, Israele intensifica gli attacchi: tra le vittime anche sfollati e bambini. Secondo il ministero della Sanità della Striscia, controllato da Hamas, solo nelle ultime 24 ore sono morte 39 persone e 105 sono rimaste ferite. Dall’inizio della guerra, il 7 ottobre 2023, il bilancio provvisorio supera le 51mila vittime.
Lo scontro tra Hamas e l’Autorità Palestinese
A complicare ulteriormente lo scenario, si accende lo scontro politico interno palestinese. Il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, ha chiesto a Hamas di deporre le armi e consegnare il potere: “Hamas deve cedere le sue responsabilità a Gaza e trasformarsi in un partito politico”. Parole durissime che hanno incluso anche un insulto, definendo i miliziani “figli di cani”. Immediata la replica del movimento islamista: “È un attacco volgare a una parte autentica del popolo palestinese”.
Israele risponde all’E3: “Hamas ruba gli aiuti”
Le accuse mosse da Germania, Francia e Regno Unito (E3) – che hanno definito “inaccettabile” il blocco degli aiuti umanitari – sono state respinte con forza da Israele. “Hamas dirotta gli aiuti per alimentare la sua macchina da guerra”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Oren Marmorstein. Israele sostiene che durante la tregua siano entrati 25.000 camion con beni di prima necessità, e accusa Hamas di nascondersi dietro i civili e di trattenere ancora 58 ostaggi, 34 dei quali, secondo l’IDF (Forze di difesa israeliane), sarebbero già morti.
Proprio in queste ore, Hamas ha diffuso un nuovo video che mostra vivo Omri Miran, ostaggio israelo-ungherese rapito il 7 ottobre dal kibbutz Nahal Oz. L’uomo implora il governo israeliano di fare il possibile per il suo rilascio.
Il Ruolo di Egitto e Qatar per una Nuova Tregua
Le tensioni si registrano anche sul piano diplomatico. Abbas ha annunciato una visita a Mosca per il 10 maggio, dove incontrerà il presidente russo Vladimir Putin, in un contesto di crescente coinvolgimento delle potenze globali nella crisi.
Parallelamente, il Cairo e Doha stanno tentando di mediare una tregua tra Israele e Hamas. Il piano, articolato in più fasi, prevede il rilascio graduale degli ostaggi israeliani in cambio della liberazione di prigionieri palestinesi e l’ingresso di aiuti umanitari a Gaza. Le trattative restano complesse, ma i mediatori sperano in un’intesa che possa allentare la pressione sulla popolazione civile.
Secondo fonti vicine ai negoziati, Hamas avrebbe accettato “in linea di principio” la proposta articolata in più fasi, mentre Israele non ha ancora dato una risposta ufficiale. Gli Stati Uniti seguono da vicino l’evolversi della situazione, così come l’Unione Europea, che chiede “una tregua umanitaria immediata e sostenibile”.
L’ora della diplomazia
Gli occhi della comunità internazionale sono ora puntati sul Cairo. I colloqui segnerebbero il primo tentativo concreto da settimane di fermare l’escalation. “Ogni giorno in più significa più morte e più sofferenza. È il momento di scegliere il dialogo, non le bombe”, ha ammonito Dujarric da New York.
Ma la strada è in salita. Troppe le divergenze ancora sul tavolo, troppa la sfiducia reciproca. Eppure, in uno scenario segnato da morte e distruzione, anche una tregua parziale rappresenta una possibilità da non lasciarsi sfuggire.
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