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Maxi blitz antidroga a Catania, 36 arresti nel quartiere San Berillo Vecchio.

Oltre 250 agenti della Polizia di Stato in azione: smantellata una vasta piazza di spaccio gestita H24, contestati anche rapina, estorsione e ricettazione.

Maxi blitz antidroga a Catania, 36 arresti nel quartiere San Berillo Vecchio.

È scattata all’alba una vasta operazione antidroga nel cuore di Catania, disposta dalla Procura Distrettuale e condotta dalla Polizia di Stato, che ha visto impegnati oltre 250 agenti. L’intervento ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale etneo, nei confronti di 36 soggetti stranieri di varie nazionalità, ritenuti gravemente indiziati di una pluralità di reati legati al traffico di stupefacenti e ad attività predatorie connesse.

Le investigazioni, coordinate dalla Procura di Catania, sono state sviluppate dalla Squadra Mobile della Questura etnea, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo e il contributo del Commissariato di Pubblica Sicurezza “Centrale”.

Le misure alternative per due indagati

Oltre ai provvedimenti restrittivi in carcere, l’autorità giudiziaria ha disposto nei confronti di altri due indagati misure cautelari meno afflittive, imponendo il divieto di dimora nel Comune di Catania e l’obbligo di permanenza presso il domicilio nelle ore serali e notturne, dalle 20 alle 6. Una decisione adottata sulla base del diverso grado di coinvolgimento emerso nel corso dell’inchiesta.

San Berillo Vecchio sotto osservazione

Il fulcro dell’inchiesta è stato il quartiere storico di San Berillo Vecchio, monitorato costantemente attraverso sistemi di videoregistrazione che hanno permesso di documentare nel dettaglio l’operatività di una vera e propria piazza di spaccio. L’area sarebbe stata gestita da un nutrito gruppo di soggetti extracomunitari di origine africana, in grado di controllare in maniera capillare le principali arterie del rione.

Un presidio continuo e un sistema collaudato

Dalle indagini è emerso che gli indagati, agendo singolarmente o in concorso tra loro, presidiavano il quartiere ventiquattro ore su ventiquattro, seguendo un modus operandi ormai consolidato. Gli acquirenti venivano accompagnati o indirizzati verso punti ben precisi del quartiere, dove avvenivano la contrattazione e la cessione della droga. Lo stupefacente, per eludere i controlli, veniva nascosto in luoghi insospettabili come fessure dei muri, bidoni dei rifiuti e tombini.

Migliaia di cessioni documentate

Nel periodo di osservazione gli investigatori sono riusciti a documentare migliaia di episodi di spaccio, che hanno riguardato diverse tipologie di droga, tra cui cocaina, crack, marijuana e hashish. Un flusso continuo di cessioni che avrebbe trasformato San Berillo Vecchio in uno dei principali snodi dello spaccio cittadino.

La rete dei fornitori locali

L’inchiesta ha inoltre fatto emergere l’esistenza di un secondo livello dell’organizzazione, costituito da fornitori autoctoni. Questi ultimi, con interventi rapidi e ben coordinati, garantivano il rifornimento diretto di stupefacente nei luoghi di spaccio, evitando interruzioni dell’attività illecita e assicurando la continuità del mercato.

Arresti e denunce nel corso delle indagini

Nel corso dell’intera attività investigativa, oltre ai provvedimenti eseguiti oggi, sono stati arrestati in flagranza ulteriori 16 soggetti per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, mentre 12 persone sono state denunciate a piede libero per il medesimo reato, a conferma della vastità e della ramificazione del fenomeno criminale emerso.

Rapine ed estorsioni legate allo spaccio

Tra i reati contestati ad alcuni indagati figurano anche episodi di rapina ed estorsione. In un caso particolarmente grave, una vittima sarebbe stata avvicinata, insieme a un assuntore di droga, e successivamente derubata. L’assuntore, dopo essere stato ridotto in uno stato di incapacità a seguito dell’assunzione di una dose di stupefacente, si sarebbe visto sottrarre il cellulare e il portafoglio. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, per rientrare in possesso del proprio telefono cellulare la vittima sarebbe stata costretta a consegnare la somma di 320 euro, configurando così un’ipotesi di estorsione aggravata che si inserisce nel contesto di controllo violento del territorio da parte del gruppo criminale.

Le immagini acquisite durante le indagini hanno inoltre evidenziato come alcuni degli indagati circolassero abitualmente con motoveicoli rubati. Per tali condotte è stato contestato anche il reato di ricettazione, ampliando ulteriormente il quadro accusatorio.

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