Scavi clandestini e traffico di reperti archeologici: 11 misure cautelari tra Calabria e Sicilia
Operazione dei Carabinieri del Tutela Patrimonio Culturale: i proventi degli scavi illeciti avrebbero favorito la cosca Arena della ’ndrangheta.
Scavi clandestini e traffico di reperti archeologici: 11 misure cautelari tra Calabria e Sicilia.
È scattata venerdì 12 dicembre, tra Calabria e Sicilia, una vasta operazione dei Carabinieri del Tutela Patrimonio Culturale che ha portato all’esecuzione di 11 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di far parte di un’associazione per delinquere dedita a scavi clandestini, deturpamento di siti archeologici, furto e ricettazione di reperti archeologici.
L’ordinanza è stata emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, che ha coordinato l’intera attività investigativa. Due persone sono state condotte in carcere, mentre nove sono finite agli arresti domiciliari.
Contestualmente sono state eseguite dodici perquisizioni locali.
Reperti e ’ndrangheta: l’aggravante mafiosa
Secondo quanto emerso dalle indagini, i reati contestati sarebbero stati commessi anche con l’obiettivo di agevolare la cosca di ’ndrangheta Arena, consentendole di consolidare il controllo del territorio nell’area di Isola di Capo Rizzuto, nel Crotonese, e nei territori limitrofi, oltre a beneficiare dei proventi del traffico illecito di beni culturali.
Per questo motivo, all’associazione è stata contestata l’aggravante mafiosa, ritenendo che l’attività criminale fosse funzionale agli interessi della cosca.
Un’indagine durata due anni
L’operazione è il risultato di una complessa attività investigativa condotta dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, avviata nell’ottobre 2022 e conclusa nell’ottobre 2024.
Le indagini sono partite da accertamenti di iniziativa dei militari, che avevano riscontrato la presenza di numerosi scavi clandestini all’interno di importanti siti archeologici calabresi.
In particolare, le investigazioni hanno documentato traffici illeciti di reperti provenienti dai parchi archeologici nazionali di Scolacium, dell’antica Kaulon, di Capo Colonna e da altre aree, anche private, della provincia crotonese.
Tombaroli, intermediari e ricettatori
Gli accertamenti hanno fatto emergere l’esistenza di una struttura criminale articolata, composta da tombaroli, intermediari e ricettatori, stabilmente radicata nel territorio.
I siti archeologici sarebbero stati sistematicamente saccheggiati per tutta la durata dell’indagine, alimentando un fiorente mercato clandestino di materiale archeologico.
Le singole fasi delle attività illecite sono state ricostruite attraverso intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, riprese video e sequestri effettuati nel corso delle operazioni.
Linguaggio in codice e ruoli ben definiti
Il gruppo operava con modalità tipiche delle associazioni criminali strutturate, adottando accorgimenti per eludere i controlli delle forze dell’ordine e utilizzando canali di comunicazione difficilmente intercettabili.
I riferimenti ai reperti archeologici venivano spesso mascherati con termini convenzionali, come “finocchi”, “caccia”, “cornici”, “caffè”, “asparagi” o “motosega”, parola con cui veniva indicato il metal detector.
Al vertice dell’organizzazione si collocavano due promotori residenti nel Crotonese, appassionati di archeologia e profondi conoscitori dei luoghi di interesse, che pianificavano le spedizioni clandestine e dirigevano le attività del gruppo.
Le indagini sono state svolte anche grazie alla collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Catanzaro e Crotone e della Direzione regionale Musei Calabria, che hanno fornito un contributo tecnico determinante.
L’operazione rappresenta un importante segnale di risposta dello Stato contro il traffico illecito di reperti archeologici, un fenomeno particolarmente diffuso in un territorio ricco di vestigia del passato e da tempo esposto a sistematiche razzie.
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