Brescia, arrestato estremista islamico: arruolava giovani stranieri da impiegare in azioni terroristiche
Operazione antiterrorismo a Brescia: fermato un cittadino bengalese residente nel mantovano, accusato di arruolare giovani per la jihad e diffondere materiale di addestramento militare.
Brescia, arrestato estremista islamico: arruolava giovani stranieri da impiegare in azioni terroristiche.
La Polizia di Stato ha arrestato un cittadino bengalese residente in provincia di Mantova: secondo le indagini, avrebbe svolto attività di proselitismo e indottrinamento, arruolando giovani da avviare alla jihad.
All’alba di questa mattina, la Polizia di Stato ha eseguito un’operazione che ha portato all’arresto di un trentasettenne cittadino del Bangladesh, residente nella provincia di Mantova, accusato di arruolamento con finalità di terrorismo. La misura cautelare degli arresti domiciliari ristretti, disposta dal GIP presso il Tribunale di Brescia, è stata eseguita al termine di una complessa indagine coordinata dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Brescia.
Le accuse: arruolamento con finalità di terrorismo
L’uomo è ritenuto responsabile di attività penalmente rilevanti ai sensi dell’articolo 270 quater, comma II, del codice penale: arruolamento per compiere atti di violenza o sabotaggi di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo.
L’attività investigativa, condotta dalle Digos di Brescia e Genova con la collaborazione della Digos di Mantova e il coordinamento della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione (UCIGOS), è nata dall’analisi dei dispositivi sequestrati nell’ambito di un’altra inchiesta che aveva portato alla condanna definitiva di un giovane, legato all’organizzazione terroristica Tehrik-e-Taliban Pakistan (TPP), ritenuta una ramificazione di Al Qaeda.
Il ruolo di “maestro” e l’indottrinamento jihadista
Secondo gli inquirenti, proprio il trentasettenne bengalese avrebbe svolto il ruolo di mentore nei confronti del giovane condannato, conquistandone la fiducia e indottrinandolo progressivamente alla causa jihadista.
Nonostante il ragazzo avesse confessato di non aver frequentato scuole coraniche e di leggere solo testi dell’attivista qaedista Ali Jaber al Fayfi, l’indagato gli avrebbe promesso l’invio di “libri religiosi” per completare la sua formazione. In questo modo, il giovane si sarebbe riconosciuto come suo “allievo”, assorbendo un insegnamento focalizzato sulla necessità della jihad e sugli scritti di figure centrali del radicalismo islamico, come Sayyid Qutb Ibrahim Husayn al-Shadhili, considerato un ideologo del fondamentalismo e martire del radicalismo.
Video di addestramento militare e proselitismo
Dall’analisi forense dello smartphone dell’indagato, la Digos ha recuperato numerosi contenuti di natura terroristica: video che mostravano tecniche di combattimento e addestramento militare, come l’uso di armi lunghe e corte, le posizioni di fuoco, le coperture tattiche e l’avanzamento in assetto bellico.
Accanto a questo materiale, è stata documentata un’intensa attività di proselitismo e insegnamento dottrinale, con la diffusione di contenuti che legavano in maniera inscindibile fede e lotta armata. L’indagato avrebbe propagandato la visione jihadista che giustifica l’uso della violenza anche contro civili “infedeli” (kuffar) come strumento per imporre l’islam radicale sulle altre religioni, fino al martirio personale.
Perquisizioni e legami con altri soggetti
Nel contesto dell’operazione, la Polizia ha effettuato anche due perquisizioni nei confronti di soggetti che avevano intrattenuto rapporti qualificati con l’indagato. Le indagini mirano ora ad accertare l’ampiezza della rete di contatti e a chiarire eventuali collegamenti internazionali.
Un quadro preoccupante
L’arresto conferma, secondo gli investigatori, il rischio rappresentato dai cosiddetti “predicatori” dell’estremismo islamico, capaci di attrarre giovani fragili o disorientati e trasformarli in potenziali jihadisti attraverso il web, l’uso di materiali ideologici e il contatto diretto.
L’operazione di oggi, denominata dagli inquirenti un tassello fondamentale nella prevenzione del terrorismo jihadista in Italia, sottolinea ancora una volta l’importanza del monitoraggio costante da parte delle forze di polizia e del coordinamento tra diverse Digos territoriali per arginare il fenomeno della radicalizzazione.
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