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Il secondo dialogo attorno a Mantegna: fino al 25 settembre alla Pinacoteca di Brera

Si confronteranno tre autori di tre epoche artistiche diverse in un secondo dialogo che si incentra su Mantegna, uno dei più grandi autori del Rinascimento, presso la Pinacoteca di Brera fino al prossimo 25 settembre.

Mantegna lavorò diversi anni a Mantova e realizzò una dei più grandi ed epici affreschi all’interno del Castello di San Giorgio di Mantova nella celeberrima Stanza degli Sposi, ai tempi chiamata Camera Picta, ossia Camera pitturata: l’affresco, concluso nella sua realizzazione nel 1474, si adagia sulla struttura architettonica ma, allo stesso momento, ne supera i limiti, donandoci fantastiche e infinite illusioni pittoriche e concedendo una caratteristica unica e universale per l’arte dell’epoca, tanto che Ulisse degli Aleotti apostrofò Mantegna come colui che “scolpì in pittura”. Il Cristo morto del Mantegna, realizzato nel 1480, è una delle più rappresentative opere dell’autore, un inno alla morte di una figura rappresentata nella sua compostezza e, allo stesso tempo, vivida espressività facciale, donando attraverso una dimensione prospettica una guida per l’osservatore, che non potrà che contemplare l’imponenza quasi simbolica e la naturalità del Cristo raffigurato.

Si affacceranno in un confronto unico sulla magistrale opera di Mantegna altre opere che rappresentano sempre Cristo, il mistero della morte e l’atrocità di un’uccisione: Il Cristo morto con gli strumenti della passione di Annibale Carracci, opera realizzata tra il 1583 e il 1585, appartenente alla Staatsgalerie di Stoccarda e il dipinto Compianto sul Cristo morto di Orazio Borgianni, realizzato nel 1615 e appartenente alla Galleria Spada di Roma.

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Le due opere che si confronteranno nel secondo dialogo con l’opera del Mantegna, che influenzò diverse produzioni posteriori nella storia dell’arte, divenendo iconografia dal valore universale e dalla dimensione poetica unica, rappresentano in modo differente il tema della morte di Cristo: la prima, quella di Carracci, raffigurata da un vivido espressionismo figurativo realista, in cui prevalgono nella visione della tela gli strumenti della Passione di Cristo, la corona di spine e i vari strumenti del martiro, a prova della sofferenza estrema provata da Cristo durante il lungo supplizio; la seconda, quella di Borgianni, esprime, invece, una definizione più estetica della rappresentazione figurativa, riprendendo con grande consapevolezza e con grande sapienza le tonalità caravaggesche, delicate e intense allo stesso momento. Il dialogo è a cura di Keith Chrstiansen.

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